La mamma di: Diemme (1)

Col suo consenso (e come avrebbe potuto negarmelo!) pubblico la prima delle testimonianze della prozia:

maternita.jpgA volte guardo mio figlia, la stringo forte al cuore e penso che, se lei dovesse provare per me quello che io provo per mia madre, impazzirei dal dolore.

Ho impiegato tanto tempo per capire che non avevo genitori, perché all’anagrafe questo non risultava.

Mi dicevano: quando sarai madre capirai. Ma sono diventata madre, e ho continuato a non capire.

E’ il dislivello culturale, ha detto qualcun altro: ma io non ci andavo d’accordo neanche quando ero una bambina in quinta elementare.

Forse è il dislivello epocale. O forse quello caratteriale.

Mia madre oggi fa di tutto per farsi benvolere, e questo mi dà tremendamente fastidio: ho trascorso la mia intera esistenza a metabolizzare il fatto che lei non ci fosse, e ora che ci sono riuscita, dovrei disfare tutto e ricominciare daccapo?

Vorrei capirla. Una mia amica, in piscina, un giorno si è appartata con la propria madre ed è sparita. Poi ha fatto un salto di un minuto, per dirci che la madre, finalmente, dopo 46 anni di incomprensioni, le stava parlando di se stessa. E che lei, finalmente, aveva rivisitato tutta la propria storia con gli occhi di sua madre.

Ed è riuscita a capirla. E quando si capisce non c’è più neanche bisogno di perdonare. Perché si capisce che non c’era dolo nell’altro. Non un minimo di malafede. C’era solo l’impossibilità di agire altrimenti.

Io vorrei capire mia madre. Ma per capirla bisognerebbe che si spiegasse. Invece lei se ne sta lì, dimessamente, in disparte, in fondo aspettando che qualcuno si occupi di lei. Perché non lo sa come si fa a campare. Perché è disorientata. Perché vede le sue figlie leonesse lottare per la vita, e sente di non saperlo fare. E allora aspetta che qualcuno lo faccia per lei. E confonde i ruoli. E carica la vita sulle spalle di quelli che una volta erano pure bambini, su spalle che una volta sono state pure piccole.

E conferisce loro l’incarico di vivere anche per lei.

Lo fanno in tanti.

Lo fanno in tante.

Mia madre l’ha fatto.

Il padre di mia figlia l’ha fatto.

E a me resta il compito di sbranare il cucciolo di bambi per portare il cibo a casa. E lasciare che loro se ne servano, magari non lasciandomene neanche un brandello.

Poi, sazi e satolli, potranno pronunciare il loro sermone contro la caccia. Tenendosi compagnia.

Mentre io, da sola, riprenderò la caccia. In una foresta che è buia anche per me.

Il mio cult movie? “Finché c’è guerra c’è speranza”.

5 commenti

  1. Straordinaria testimonianza. In un mondo di lupi una madre si trasforma in lupo per i suoi cuccioli, anche se non li ha proprio generati lei. Ma di questo tutti abbiamo esperienza. Come ho già detto in un post, succede che prima o poi si diventa padri o madri dei nostri genitori. E’ tutto questione di tempo.
    Potrei darti un consiglio, anche se dovrei darlo prima a me che a te. Cerca di fare tutto quello che puoi per capire e accettare tua madre, stacci insieme e ascolta anche i suoi silenzi, quando ti mancherà almeno oltre al dolore non dovrai rimpiangere di non averlo fatto.
    Un Abbraccio
    Ross

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  2. ..si sarebbe il caso che scriva anche io qualcosa sulla mia di mamma ..adorata Ifigenia…
    Un abbraccio forte forte

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    • @Nunzy: si amata Nunzy, proviamo ad esorcizzare così. Il rapporto madri-figlie è veramente quasi sempre conflittuale. Io tua madre l’ho conosciuta, bravissima persona, come la mia, e poi ci rovinano la vita, senza capirlo, senza saperlo, e sicuramente senza volerlo.

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  3. Carissima Ifigenia!
    Abbraccio e cerco di amare questo struggente conflitto con tua madre, perchè…
    è incredibilmente uguale al mio!!!
    Un giorno passerò per confrontarci…anche come madri!

    Un abbraccio!

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    • MI sa che un giorno o l’altro Diemme scriverà il seguito di questa storia, che mica è ancora finita! 😉

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