La mamma di: Aquila

Ed ecco anche il contributo estorto a gentilmente concesso dal nostro aquilanonvedente, già pubblicato su suo blog.

In questi giorni è riemerso improvviso e robusto il ricordo di mia madre.

Non tanto della mamma tenera e affettuosa dell’infanzia. No, i ricordi che affiorano sono quelli dei suoi ultimi mesi di vita.

Ogni volta che entro nella casa dei miei genitori per svuotarla è come se ricevessi una pugnalata dritta al cuore. Raccatto svogliatamente alcune cose ed esco, poco persuaso di doverle gettare.

Ogni volta che esco sul balcone rivolgo lo sguardo a quello vicino, ricordandomi quando spuntavano fuori i miei genitori e la piccolina (allora sì piccolina) correva incontro alla ringhiera per salutarli.

Ogni volta che guardo la piccola sedia di ferro, un po’ arrugginita, in un angolo dello stesso balcone, mi sembra di vedervi mia madre seduta di spalle, china su un libro o un giornale.

E quando cucino per me e la piccolina ripenso a quando facevo da mangiare anche per lei e a quanto ancora desidererei farlo.

E poi la rivedo nel suo camminare lento e strascicato, nei suoi ragionamenti sempre più confusi, nel suo aspetto sempre più deperito.

E poi la rivedo nei suoi – e nei miei – momenti di rabbia, in quelli di rassegnazione, in quelli di richiesta d’aiuto; nella sua accettazione della casa di riposo e dei suoi ritmi di vita.

E in tutti questi momenti io mi ritrovo egoista, disattento, inconsapevole dei suoi bisogni e delle sue debolezze.

Lo so che tecnicamente sto ancora nella fase di elaborazione del lutto.

Lo so che tecnicamente sto nella fase dei sensi di colpa.

Lo so che tecnicamente sto nella fase di bisogno di condivisione del dolore.

Lo so che tecnicamente sto nella fase di rescissione del legame e di accantonamento dei ricordi.

So benissimo tutte queste cose, però tecnicamente io mi sento comunque un po’ stronzo.

6 commenti

  1. Caro Aquila di fronte alla morte ci si sente sempre in colpa, e manchevoli nei confronti dei nostri cari. Certo si rielabora il lutto e poi si va a patti con il dolore. E’ un cerchio che si chiude in se stesso prima o poi.
    Ritengo che una delle cose più difficili è vedere una persona a cui vuoi bene spegnersi dentro, ancora prima che la morte se la porti via. Si dovrebbe lasciare questo mondo con dignità e magfari anche con un pizzico di “bellezza” da donare a chi resta.
    Ma questa è solo una mera illusione. Ci sentiremmo meno responsabili e avremmo più cose e ricordi su cui rifugiarci.
    Tecnicamente siamo tutti un po’ stronzi perchè misuriamo quello che abbiamo ricevuto senza pensare a quello che abbiamo dato. Ma tecnicamente siamo essere umani pieni di difetti.
    Un abbraccio
    Ross

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  2. Caro Aquila,

    questo tuo post mi ha toccato quando lo pubblicasti e mi tocca ora che lo rileggo per poterti rispondere qua.

    Le tue parole sono piene di quella stessa umanità per cui ti ho sempre sentito così simile a me, quella sensazione di inadeguatezza, di presa d’atto degli errori sempre irrimediabilmente a posteriori, quell’umiltà però di ammetterlo, di capire sia pure, e quindi inutilmente, a posteriori, quello che avremmo dovuto fare, e non abbiamo fatto, oppure non fare, e che invece abbiamo fatto.

    Io spero di riuscire a far riaffiorare i ricordi più dolci mentre lei è ancora in vita, e mi auguro con tutto il cuore di volerla abbracciare adesso, finché è possibile.

    Purtroppo, mi pare di aver dovuto, per sopravvivere, congelare ogni sentimento nei confronti di questa donna. Mi sento ingiusta, sento di giudicarla solo per i suoi errori e non per i suoi sforzi e il suo amore.

    Questi nostri post, tutto quello che si sta sollevando in questo blog, fa male anche a me, ma forse sarà terapeutico per noi tutti, e non solo noi.

    Grazie!

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  3. Forse sì.
    Speriamo…

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  4. Leggendo molte storie, qui o altrove ( ed anche nell’ esistenza ), mi accorgo di quanto grande sia il numero di Uomini e Donne che hanno avuto torti ( veri o presunti, ma sentiti dai Figli come reali ) dal Padre o dalla Madre, o da entrambi . E mi accorgo come, per queste incomprensioni o danni, quegli stessi Figli si portarono appresso, quasi fosse una matassa aggrovigliata impossibile a districarsi, tormenti, rancori, affetti negati, diventando essi stessi, a causa di quella loro vita angosciosa, strumenti, più o meno consapevoli, “atti a ripetere quegli stessi comportamenti”, che li fecero tanto soffrire, con i propri Figli o con le Persone care che gli stavano accanto .
    Questo, è una parte del problema, la cui soluzione non può che essere il monito di Ser @Spinoza ( “Le azioni degli uomini, non deriderle, nè compiangerle, ma sforzati sempre di comprenderle” ), un’ esortazione a sforzarci “sempre e comunque”, anche con i Genitori che ci ferirono, di capire umanamente e misericordiosamente “prima” le loro ragioni, senza aspettare la loro morte per sublimarle poi in un vago rimpianto !
    Come lodevolmente ha saputo fare Lady @Polly, e come questa Donna umanissima ci ha raccontato qui, con una testimonianza ‘dolce-amara’ che mi ha commosso profondamente !
    L’ altra parte del problema, ed è altrettanto accorante della prima, è invece, quando si sia avuto con la Madre ( o con il Padre, o con entrambi i Genitori ) un rapporto felicissimo, di mutua e tenera comprensione scambiata e ricambiata, un rapporto affettuoso continuo, non soltanto ‘non intralciante’, ma addirittura “di spinta efficace e continua” della nostra Madre a noi Figli, affinchè realizzassimo le nostre vite “in base ai nostri desideri”, e non ai loro . Ebbene, anche in questo caso ‘virtuoso’, può accadere che, presi dalle nostre necessità, umanissime s’ intende, estraniati al nostro amore materno da un correre cieco dietro alle nostre inderogabili necessità, ci sia stato impossibile, ahimè, cogliere l’ attimo “per lasciare tutto di noi” ( ammesso che lo potessimo fare ! ) e, in quel passaggio ultimo ( da noi compreso al momento giusto ), far sentire con tutto l’ affetto serbato nel cuore per la nostra Mamma, e con la nostra presenza “conscia e incondizionata” accanto a lei, che la morte, in fondo, è come il buio che temevamo da bambini .
    E, scambiandoci i ruoli con lei, “darle sicurezza e certezza” che anche di quel buio fatale, l’ ultimo, non doveva avere paura, con noi accanto : era soltanto un “arrivederci Mamma”, non un addio !
    Lo stupefacente Post di Ser @Aquila ( che ancora non riesco a dimenticare !!! ), ci ricordò proprio questo, esortandoci accoratamente a ‘non mancare quell’ attimo’ !
    Lui lo mancò, ed anche io, ahinoi, e nessuna assoluzione ci potrà più redimere, ma quel suo darsi “tecnicamente dello stronzo” rimane un monito a tutti noi, ed una speranza umanissima, per chi abbia la sensibilità di capirlo fino in fondo, ad andare oltre, comunque e ineludibilmente, ad onta delle ferite o delle felicità che le nostre Madri ci arrecarono, “affinchè altri Figli non abbiano a rivivere più quell’ amarissima circostanza” !

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  5. Grazie Ifigenia per questo bellissimo Post!
    Mi sono ritrovata in moltissime emozioni e antichi sentimenti.
    Guardare in profondità il proprio rapporto con colei che ci ha dato la vita…
    non è facile! (Le reciproche contraddizioni…confondono troppo!!!)

    come in uno specchio, mi sono vista nella sofferta testimonianza di @Aquila… e
    le sagge parole di @Bruno…mi hanno davvero commosso!

    Grazie di cuore a tutti!
    Nives

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    • @Nives: grazie a te per essere qui a leggerci. Se ci vorrai dare anche la tua testimonianza, la pubblicherò molto volentieri. 🙂

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