Il concetto del perdono

Cari amici,

sto seguendo sul blog di Sabby una coinvolgente discussione sul tema del perdono. Le posizioni sono varie, non necessariamente contrastanti, direi persino complementari, basta accordarci sui termini ma, stranamente, stavolta non mi trovo per niente d’accordo con un commento della nostra Martina, con la quale invece solitamente sono in sintonia.

Ve lo riporto, mettendo in neretto le parti con cui non concordo.

Neanch’io credo al concetto del perdono. E’ troppo religioso e poi, dal punto di vista strettamente terapeutico, è nocivo. Equivale ad una rimozione, ad una repressione. Il “perdono” presume una cancellazione (impossibile) dell’atto compiuto. Che non si può cancellare. Se una persona ti ha fatto male, ti ha fatto male, se ti ha fatto piangere e stare male, ti ha fatto piangere e stare male. Non concordo neppure con il concetto di “comprendere”. io non comprendo l’egoismo, non comprendo chi ti sfrutta e ti ferisce. Che comprensione ci dovrebbe essere di questi atti?
Però.
C’è sempre un però. Questi atti appartengono al passato. E, come ho scritto in più luoghi, il passato è passato. Non esiste più. Nel momento in cui l’atto è finito, il dolore è passato, sia perché la persona che te l’ha inflitto è morta o perché si è semplicemente tolta dai piedi e dalla tua vita, l’atto passato non persiste più. E’ per questo che per me il rancore non ha senso. Nessun senso logico. O le vendette. Ci si vendica di che? Di un fatto che non persiste più?
In aggiunta a tutto questo, io credo anche nei cambiamenti. Nella capacità di cadere sulla via di Damasco e di capire che si è sbagliato. In quel caso io non perdono le azioni passate ma, in quanto passate ed in quanto la persona è cambiata, non esistono più, si ricomincia da zero. ovviamente la persona deve dimostrare di essere cambiata, non con le parole ma con le azioni.
Ecco la spiegazione a tutte le nostre baruffe (per modo di dire ;) ) passate sul tema del tradimento. La mia non è accettazione, o perdono, di un tradimento. Ma nel caso che chi tradisce dimostri un cambiamento, sono disposta a ricominciare, perché quell’atto è nel passato.
Insomma, è complicato, e come ha detto Ify hai messo molto sul fuoco.
Io non ho perdonato ai miei ciò che hanno fatto nel passato. Ma sono cambiati, e l’hanno dimostrato con le azioni, non con le parole. Quello è il passato. Questo è il presente.
Non c’è rancore, perché avvelenerebbe solo ciò che c’è di buono adesso.
Siamo esseri umani, non cyborg, Non siamo programmati, abbiamo bisogno di esperienze per imparare a vivere. A suon di errori. Alcuni imparano, altri no. Però bisogna dare una possibilità a chi ha appreso.
Non voglio che i miei figli mi perdonino per ciò che ho fatto in passato, ne’ che capiscano ciò che è al di fuori della loro comprensione, dato che non sono loro stessi genitori. Ma voglio che accettino il mio cambiamento, e che capiscano che sono diversa, che quello è il passato, questo è il presente.

Ora, io capisco che l’obbligo di perdonare, come quello imposto dalla religione, possa essere davvero nocivo, perché consistente in una forzatura contro i nostri sentimenti e la nostra natura, e fin qui ci siamo; ma se il perdono scaturisce dal cuore e non comporta una rimozione di ciò che ci è stato fatto o del nostro dolore, ma solo un sentimento di comprensione o di pietà nei confronti di chi ci ha fatto soffrire, anche involontariamente, io credo che invece ci faccia un gran bene, e ci tolga un gran peso dal cuore.

Passiamo al secondo argomento: il passato non si cambia. Questo non è assolutamente vero, perché il passato non è solo una questione di fatti, ma di intenzioni di chi ha compiuto certe azioni, e sentimenti di chi le ha percepite.

Mettiamo ad esempio un caso, tratto peraltro dalla realtà nuda e cruda. Figlio a tavola, mamma in piedi senza mangiare. Il figlio chiede alla mamma perché non mangi, la mamma risponde che ha già mangiato. Il figlio si dispiace, esprime rammarico, e le chiede la prossima volta di mangiare con loro. La mamma acconsente, ma al pasto successivo solita scena, mamma in piedi, lontano da loro, che non si siede perché ha già mangiato.

Il figlio cresce con l’immagine di questa mamma distante che non si siede mai a tavola con lui. Con gli anni, quando le verità verranno a galla, scoprirà che non c’era cibo per tutti, e la mamma rinunciava al pranzo per far mangiare lui. Ecco il passato del figlio cambiare, non ha vissuto con una madre egoista che pensava solo alla sua pancia e gli negava la sua compagnia, ma con una mamma altruista e che lo amava, e che saltava i pasti per far mangiare lui.

Mettiamo due persone che si amano moltissimo, e a un certo punto uno dei due scopre di essere molto malato, e non vuole che l’altro lo veda ridotto in quelle condizioni, non vuole che lo veda soffrire e decomporsi: lo/la lascia, lasciandogli/le credere che l’amore sia finito, perché ritiene che soffrirà di meno a ritenerlo un mascalzone che ad assisterne alla lenta inesorabile fine. Ecco, questo lo devo aver letto da qualche parte e, sperando che non sia mai accaduto in nessuna parte del mondo, vi dico subito che è un egoismo che non approvo. Un uomo che amo non dovrebbe mai “per amor mio”, negarmi di stargli vicino fino alla fine, non dovrebbe mai decidere una cosa del genere al posto mio, non dovrebbe “per il mio bene” togliermi la fiducia nell’umanità, visto che “persino lui” mi ha tradito, ma bando alle ciance, stavamo solo facendo un esempio.

Un giorno veniamo a sapere la verità: cambia il passato o non cambia? Un conto è essere stati traditi dall’essere in cui riponevamo somma fiducia, un conto è che la persona che amavamo ha sempre continuato ad amarci, e ha cercato a suo modo di proteggerci da dolori più grandi.

Passiamo ora al comprendere, Martina dice:  ” io non comprendo l’egoismo, non comprendo chi ti sfrutta e ti ferisce”. Siamo sicuri che chi ci ha danneggiato e/o fatto soffrire abbia agito per egoismo, volontà di sfruttare o ferire? Non è quasi mai così, forse un po’ di egoismo pure, ma “volontà di sfruttare o ferire” in genere ce n’è poca.

Una mia collega, io ero stata appena assunta, si sentì minacciata dalla mia presenza e me ne fece di tutti i colori, fino ad andare dal capo a dirgli “o me o lei” (io neoassunta, lei vecchia e nota dipendente). Benché io stessi là unicamente per contribuire alla società, aiutarla e guadagnarmi il mio pane, credo che non ci dormisse la notte, che ci si sia ammalata, che in breve era ridotta un cencio, incastrata in una situazione insopportabile (mentre io, beatamente, non sapevo nulla). Beh, io non la perdonerò MAI, e il danno che lei mi ha fatto persiste eccome, ha creato una reazione a catena di ulteriori danni (alla faccia del “il passato è passato”), ma non ho mai attribuito il suo comportamento a “volontà di sfruttare o ferire”, piuttosto a complessi d’inferiorità, paranoie, e un’altra serie di disturbi della personalità.

E che dire dei genitori, quelli che hanno le armi più efficaci per danneggiarci, la cui severità, nella loro mente, serve magari a non farci prendere una cattiva strada? Poca intelligenza forse, scarsa lungimiranza, ma senza un minimo di volontà di sfruttare o ferire.

Infine un’ultima cosa: non condivido la posizione di alzare un muro e dire “Il passato sta dietro, il futuro sta avanti”. Noi siamo il frutto del nostro passato, che persiste, e anche se dobbiamo guardare al futuro non possiamo prescindere dal passato, non siamo esseri senza memoria, sarebbe una menomazione grave se così fosse. Ho detto ultima cosa? Intendevo dire penultima, l’ultima è questa: Martina, perché i tuoi figli dovrebbero “perdonarti” cosa hai fatto in passato? Li hai abbandonato? Hai pensato qualche volta alla tua pancia prima che a loro? Non mi risulta.

Hai fatto degli errori, credi che non ne farai più? Credi che con tutta la più buona volontà, e il massimo impegno, potrai evitare in futuro comportamenti e scelte che potrebbero portare a loro qualche dispiacere? Non credo, non saresti umana. Non sei una veggente, non hai la sfera di cristallo, in buona fede hai sbagliato in passato, e in buona fede sbaglierai in futuro: non ci sono genitori perfetti, ma solo genitori “sufficientemente buoni” (questa non è mia, mi pare sia di Bollea) e credimi, un genitore “sufficientemente buono” è abbastanza per crescere un figlio.

Di più, credo non esista.

Vi saluto con una citazione:

Perdonate i vostri nemici, ma non dimenticate mai i loro nomi (John F. Kennedy)

58 commenti

  1. Il perdono è l’arma della Civiltà, la vendetta è l’arma della Barbarie. Non solo. Il perdono è infinitamente più potente della vendetta.
    Il perdono è solo apparentemente un obbligo di religione.
    Il perdono è una espressione del pensiero razionale dei fondatori della Civiltà.
    La vendetta è una aberrazione del pensiero giudaico-cristiano risalente al monoteismo antropomorfo che tanti disastri, guerre e danni ha fatto e continua a fare, Il perdono è Vita. La vendetta è Morte, anche per l’anima del vendicatore.

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    • @Beautiful41: io ci credo che il perdono è un’arma potente, ma forse non sempre adeguata.

      Violena genera violenza, ma a volte è l’unica arma per non soccombere.

      Il perdono può significare sottomettersi a logiche di prevaricazione e potere.

      Poi, è vero, può generare la pace, ma non lo darei così per scontato.

      Benvenuto a bordo!

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  2. Mi spiego. Immaginavo già che il mio commento avrebbe potuto causare fraintendimenti. Infatti lì per lì non volevo postarlo.
    Immagina la tua mente come una bella libreria. Le nostre esperienze sono nella nostra mente. I nostri ricordi, le cose che ci portano gioia o dolore.
    I libri li abbiamo scritti e sono lì. Possiamo scegliere di leggerli e rileggerli. Alcuni di questi libri suscitano forti emozioni. Il rancore, appunto, il dolore. Ci sono libri così.
    Possiamo scegliere di chiudere il libro e riporlo nello scaffale. Nel momento in cui chiudiamo il libro e lo riponiamo, cessa di esistere. E’ pura fenomenologia.
    Oppure possiamo scegliere di rileggere all’infinito gli stessi capitoli. Far sì che continuino a influenzarci il presente. Vivere pensando a come avremmo potuto essere se…se… Ho un caro amico che commentava nel mio blog in passato e si arrabbiava quando usavo i “se” e i condizionali. Aveva ragione.
    Ciò che intendevo nel mio commento è che non si può continuare a vivere con gli spettri del proprio passato.
    Non chiedo perdono ai miei figli perché sono molto sartriana. Mi sono presa la responsabilità delle mie azioni. Ho sempre scelto, e li ho scelti io (nessuno mi ha forzata) uomini che non erano in grado di amare. Nessuno mi ha forzato a fare due figli con uno di loro.
    Per cui, non ho saputo dare ai miei figli una famiglia perché ho scelto io l’uomo sbagliato, che non voleva una famiglia. io gliel’ho imposta.
    Basta. Ho chiuso il libro, l’ho riposto nella libreria. Non c’è. non ho nessuno da perdonare, neppure me stessa.
    Autodifesa? Forse. Ma va bene così.
    Si può scegliere di continuare a vivere sui rimpianti e si può invece scegliere di vivere il presente, nel presente. Io ho scelto la seconda opzione.
    Questo è un nuovo libro.

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    • Certo che si vive nel presente, ma l’esperienza con cui viviamo il presente l’attingiamo dal passato.

      Possiamo leggere e rileggere gli stessi libri oppure, preferibilmente, no, ma è grazie a loro che ci siamo esercitate a scrivere. Possiamo riporli nello scaffale e non leggerli più, possiamo gettarli nel camino: ma li abbiamo scritti.

      Accettare il passato, non alzare barriere del tipo “Lui, il passato, il nemico, è al di là del muro, mentre io sono di qua e non lo attraverserò mai” non è alternativo al recriminare e farsene condizionare. Scrivi un nuovo libro.

      Ma sarà il libro di uno scrittore più maturo, perché già ne ha scritti altri: ovunque essi si trovino.

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    • @Martina: ripensandoci bene però, non mi hai risposto su tutto, per esempio il perdono come fatto nocivo, la non volontà di comprendere, la malafede data per scontata in chi ci ha fatto soffrire…

      Cuociamola tutta piano piano questa carne messa al fuoco! 😉

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  3. sabby

    martina@ penso che anche quando si sceglie di vivere il presente, come è giusto che sia, perché si è elaborato bene il passato, riposto nella libreria, ma sempre lì a ricordarci il nostro percorso, spesso doloroso ma incancellabile.
    Perdonarsi, se vogliamo usare questa parola, significa anche capirsi e accettarsi per quelle che sono state le scelte, significa porre tregua su rabbia e rimpianti.

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    • @Sabby: qui veramente parlavamo più di perdonare gli altri che perdonare sé stessi (che, a seconda dei casi, può essere più facile o più difficile).

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  4. sabby

    si, però nel commento di martina mi sembrava più riferito alla sua vita, a se stessa, almeno a questa mia prima lettura!!!

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    • @Sabby: io credo parlasse del passato in generale, comunque io parto praticamente dal tuo post, e vorrei parlare proprio del perdonare il prossimo.

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  5. Non ho mai detto che chi fa del male è in malafede. Chi fa del male spesso è perché non è in grado di fare del bene.
    Il perdono, l’ho spiegato, non è salutare proprio perché implica un concetto di accettazione di azioni che sono state dannose. Perché dovrei accettare il fatto che qualcuno mi ha fatto soffrire? Io non lo accetto, ma non lo trascino neppure nel presente. Non è un giudizio di bene o male, non c’è giudizio morale, implicherebbe una religiosità che non mi appartiene.
    E non c’è neppure vendetta, io non credo nella vendetta, nella legge del taglione, nelle pene capitali. non faccio a te quello che è stato fatto a me. non ha senso logico.
    E’ ovvio che noi siamo il nostro passato. L’ho sempre sostenuto. I miei figli ad esempio provengono dal mio passato. Ma sono il mio presente. Non hanno più 4, 5 o 9 anni. Ne hanno 12 e 15. Una nuova realtà, non hanno più i pannolini, non vanno più alle scuole elementari. Io non vivo più in irlanda.
    Come vedi quella realtà non c’è più, non persiste.
    Io sono qui, in questa giornata afosa e su questo treno sovraffollato. In Italia. Con un lavoro, una casa dignitosa, una vita quotidiana decente. Questa realtà è quella che conta.
    Questo è l’unico modo di vivere. Altrimenti i nostri struggimenti quotidiani non hanno alcun senso. Altrimenti non ha senso provarsi e riprovarci.

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    • @Martina, io credo che in questi casi ci si debba prima di tutto mettere d’accordo sui termini. Il passato, soprattutto se vuoi lasciartelo alle spalle e non cimentarti in una baffaglia contro i mulini a vento, non puoi fare altro che accettarlo, non c’è un’altra possibilità, esiste, è così. Chi ti ha fatto soffrire poi non è la persona, ma l’azione (o le azioni) che questa persona ha compiuto.

      Possiamo capire le motivazioni, e condannare l’atto, ma assolvere la persona. Possiamo condannare l’atto e anche la persona, ma capire che oggi la persona stessa è cambiata, e quindi ci troveremmo a odiarne un’altra.

      Io, al contrario di te, credo nella legge del taglione, che non risolve mai, ma almeno tampona. Se tu hai un comportamento lesivo per il prossimo, se non lo capisci con le buone, io di farmi del male te lo impedisco con le cattive, Con le cattive non capirai mai, non si risolverà mai ma perlomeno, o per paura delle conseguenze, o perché impossibilitato ad agire, mi farai meno male.

      Chi andrebbe avanti a oltranza con il “parliamone”, o ha una fiducia assolutamente irrealistica e mal riposta nell’umanità, o è un cazzarone (smidollato, quacquaracquà, definitelo come meglio credete).

      Tornando alla realtà che non persiste, che ci azzecca? Dovremmo pure assolvere gli omicidi, perché “ormai è fatta, e appartiene al passato (grosso alibi di Attila per tutte le sue malefatte, e di molti dirigenti per le loro)?

      E riguardo all’azione dannosa, “Dio odia il peccato ma ama i peccatori”: Ora, senza andare a parare nella religione, l’uomo non si identifica e non è rappresentato da una sua singola azione, semmai dall’insieme delle azioni di tutta una vita. Secondo me perdonare non ha nulla a che fare con l’accettazione di un’azione dannosa che ci ha fatto soffrire, che è e rimane sbagliata.

      Riprovarci? Certo che sì, e proprio perché noi siamo le azioni di tutta una vita, e non solo di un insieme circoscritto, vuoi nel tempo vuoi nello spazio.

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  6. sabby

    sai come la penso sul perdonare, proprio non mi piace la parola, penso sia anche un atto di superbia, però ora la butto lì, e se fosse anche indifferenza???

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    • @Sabby: in che senso? Cioè, se ho capito bene, io ti perdono del fatto che mi hai tradito perché di te non me ne frega un piffero. Se ti amassi, non ce la farei a digerirla: è questo che intendi?

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  7. sabby

    è solo uno dei tanti aspetti che si potrebbero sviscerare!!!
    abbiamo assodato che il perdono non ci piace, la parola, non ci piace la superiorità di chi si pone al di sopra dei fatti e ti dice: ti ho perdonato!
    ora, metti un grande torto, come si può perdonare??? perché ci sono persone che dicono: sì, ti ho perdonato??
    magari però si resta distanti anni luce, allora non è un vero perdono, perché perdonare significa offrire in dono la pace, non nel senso religioso, offrire l’armonia, una seconda possibilità, scevra da pregiudizi, non lo so se mi spiego, è un po’ ingarbugliato…
    mi accendo una sigaretta e ritorno, però mi piacerrebbe porre anche questa visione, meno idilliaca!

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    • Sabby, io sono d’accordo con te sul fatto che il perdono, inteso in senso classico, sia un comportamento fasullo, un atto ipocrita e privo di significato.

      Diverso è il capire e l’accettare, in questo senso: l’essere umano sbaglia, non esiste un solo essere umano al mondo privo di colpe. Non accettare questo significa non accettare l’umanità.

      Se noi, del nostro prossimo, non accettiamo gli errori, e non li inquadriamo nella sua umanità, faremmo meglio ad andare a vivere in pieno eremitaggio sul cucuzzolo di una montagna.

      Ciò premesso, un conto è sbagliare in buona fede, un conto è farlo in cattiva fede. Ferire, fare del male volontariamente, possono pure essere una reazione a un fatto contingente, diverso è quando è un abito di vita: insomma, se il medico mi dà il martelletto sul ginocchio e io alzo la gamba di scatto è un conto, se passo la vita a prendere a calci il prossimo è un altro conto.

      Non credo che ci sia il problema di essere d’accordo o meno col perdono, uno o riesce a capire e ad accettare l’altro e a mettere una pietra sopra al passato, inquadrarlo in un contesto, oppure non ci riesce.

      Certamente sono contraria al “far finta” di avere perdonato, a pronunciare con le labbra un perdono che non si sente nel cuore.

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  8. @Ifigenia. Girando fra i blog mi aveva colpito il titolo del concetto del perdono e, avendone già trattato sul mio, mi è venuto spontaneo esprimere un commento.
    Per rispondere un pò a tutte devo dire che distinguere il passato dal presente, quando riferito a noi stessi, è un pò come scappare dalla realtà.
    Noi siamo fatti di passato attraverso le nostre storie personali e dei nostri genitori ed antenati. Siamo impastati di passato e procediamo verso il futuro.
    Detto questo, per rispondere a quello che dici, io invece penso che il perdono sia sempre superiore alla vendetta o al non perdono.
    Il perdono genera forza e rispetto fra i propri simili e veramente ci rende superiori.
    Ma quello che non ho detto nel primo commento è che perdonare non significa essere sottomessi e lasciarsi travolgere da chi ci vuol fare del male.
    La difesa è sempre sacrosanta.
    E’ nel momento di ripagare con la stessa moneta chi ci ha fatto del male, in quell’attimo preciso, come quando dopo una lotta fisica si è con il coltello alzato pronti ad infilarlo nel cuore dell’avversario, che gli si dice: va per la tua strada, ti perdono.
    Il peggior criminale viene letteralmente annientato dal perdono.
    Ho fatto varie volte quest’esperienza sulla mia pelle e sono sempre rimasto sorpreso ed affascinato dagli inaspettati esiti del perdono.
    Ecco perchè ritengo che la religione non abbia niente a che fare con il perdono.
    E sono convinto che esso sia prima di tutto un insegnamento di Civiltà.
    Essendo appassionato di antichità ne ho parlato all’articolo su Giuseppe e i suoi Fratelli oltre che nella Confessione Negativa.
    Grazie per l’ospitalità e per il benvenuto sulla tua nave!

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    • @Beautiful, io al nemico, anziché infilzarlo, direi “Alzati, ti risparmio“.

      La prima volta.

      Sono d’accordo con te che il perdono dà esiti inaspettati, anch’io sono stata a volte vinta dalla disponibilità dell’altro, dalla sua mano tesa, che mi ha fatto capire che non era un nemico, che non eravamo in guerra. Purtroppo, non per tutti funziona così. A volte, troppe volte, il nemico risparmiato è quello che, appena ti giri, ti conficca il coltello nella schiena, o non aspetta neanche che ti giri, gli basta non essere più in posizione di scacco ed essere ritornato in possesso di un’arma.

      Ed io, la seconda volta, “Alzati, ti risparmio” sta’ tranquillo che non glielo dico: anche perché non voglio passare la vita a guardarmi le spalle.

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  9. sabby

    appunto!!!
    come dicevo nel mio post, posso comprendere, spesso ci riesco, ma senza ipocrisie e redenzioni!

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  10. cavaliereerrante

    Concordo, e condivido ogni sua parola e sentimento, con @Beautiful41 …. e con ogni pensiero riflesso nel suo duplice, bellissimo commento !!!
    Liberissimo ciascuno/ciascuna di pensarla come meglio creda sul “perdono” …. io amo arrivare alle stesse conclusioni di questo nuovo tuo lettore. @Ifigenia, pur partendo da un altro versante, solo apparentemente diverso da quello da cui è partito lui, e ed è da quel concetto che ho scritto innumerevoli volte, qui e altrove, e che continua ad risuonarmi dentro l’ anima : la “humana pìetas” !
    Questo sentimento interiore non abbisogna nè di perdoni ( veri o falsi che siano ), nè di redenzioni fittizie, nè di intervenute malattie del rivale o suoi passaggi vicini alla morte, nè della morte stessa, ma solo di un onesto leggerci dentro “senza egoismo e senza autocompatimenti” per mali ricevuti, veri o presunti che siano stati ….
    E non si tratta più di metterci al di sopra, o al di sotto, di qualcuno …. ma di collocarci alla “stessa altezza” del presunto/presunta malfattore/malfattrice, e domandarci in cosa sia diversa la sua precarietà dalla nostra, e cosa avremmo fatto noi nei suoi panni se, anzichè dotati di cultura ( reale o presunta … ), anzichè vivere in un contesto storico, sociale, geograficamente esteso e interiormente aperto alle idee, fossimo stati invece “zappe insensibili fra zappe come noi” senza uno straccio di studio alle spalle, in un ambiente angusto ed isolato dal mondo, in un luogo storicamente nemico della sensibilità e dell’ esercizio della libera espressione di un essere umano ( uomo o donna che sia ) …. in quei miserabili panni, ci saremmo forse comportati diversamente da chi, ora, sentiamo come un nemico ???
    Per come vedo le cose io, non lo credo …. e dunque che cosa avrei da perdonare, o che tipo di rancore dovrei redimere ???
    Siamo esseri fatti “tutti” di materia deperibile, destinati “tutti” a durare lo spazio di un attimo infinitesimo di tempo, possiamo/dobbiamo difenderci dai soprusi che ci vengano rivolti contro – questo è sacrosanto ! – e ben venga la battaglia anche estrema per tutelare i nostri diritti calpestati, ma che senso ha domandarci se perdonare o meno ?!?
    E a chi poi dovremmo perdonare, se non a noi stessi per essere stati chiusi e insensibili, arroccati sulle nostre ragioni ?
    Come dice @Beautiful41, ” …. Noi siamo fatti di passato attraverso le nostre storie personali e dei nostri genitori ed antenati. Siamo impastati di passato e procediamo verso il futuro…. ” !
    Bene, per come la vedo io, preferisco affrontare quel futuro consapevole che, per quanto possa durare e per quanti nemici mi si possano presentare davanti, “quei nemici” sono parte ineludibile di me, della mia carne stessa, e per quanto possa e/o debba combatterli non infierirò mai – da vincitore o vittima ! – su nessuno di loro con perdoni o rasserenanti redenzioni “pro domo mea” !
    @Bruno

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    • @Ser Bruno: vorrei chiarire un altro concetto, su cui mi trovo a discutere ogni volta che si parla di colpe e di responsabilità.

      Probabilmente ognuno di noi è in un certo modo a causa (merito o colpa) dell’ambiente in cui ha vissuto, dell’educazione ricevuta, dell’epoca, ambiente etc.

      Qui non siamo parlando del PERCHE’ una persona è in un certo modo, ma solo del fatto CHE E’ IN UN CERTO MODO. Sono due discorsi diversi, entrambi validi, ma se stiamo parlando del prezzo della carne non stiamo parlando della cottura, e non stiamo neanche discutendo se è giusto o meno mangiare carne animale.

      Ora, ti faresti, che so io, operare da un chirurgo cieco, perché non è cieco per colpa sua? Lasciamo stare le paraolimpiadi, e cerca di seguirmi nell’esempio, faresti correre in una gara uno che ha perduto un arto, magari in un’impresa eroica, financo per salvare vite umane? Il rispetto, la comprensione, sono un fatto, l’analisi degli avvenimenti, dinamiche e fenomeni, pure, ma poi ci sono altri fatti, nudi e crudi.

      Tutto quello che dici tu fa parte della comprensione, della giustificazione, ma nulla tolgono (e nulla aggiungono) alla persona e ai rapporti che ha instaurato con gli altri. Io non condanno certe persone, mi limito a tenermene lontana. Posso anche capire che al posto loro sarei venuta su nello stesso modo (e tutto sommato ci credo poco, perché tutti abbiamo un minimo di margine di manovra e una possibilità di scelta), ma questo non toglie che non ho e non voglio avere nulla a che scompartirci.

      Ritengo che la descrizione che hai dato si riferisca alla suocera di Sabby e infatti, quando lei prova l’istinto di abbracciarla, tutto sommato farebbe bene a farlo: evidentemente Sabby ha un cuore che va al di là della sua sofferta quotidianità e dei rospi che ha dovuto ingoiare.

      Io non sono per la vendetta, quella non la cercherei mai, e anche se la vita mi offrisse la vittoria su un piatto d’argento, senza colpo ferire, non mi darebbe soddisfazione alcuna: l’ho sempre detto che non voglio vedere passare il cadavere del nemico, preferirei sempre che non si fosse stati nemici, e che si fosse vissuti tutti felici e contenti.

      Ma torniamo a noi. Credo che quello che viene fuori da tutti questi discorsi, non è se il perdono sia giusto o meno, utile o dannoso, ma che cosa significhi fare atto formale di perdono quando non viene dal cuore.

      La maggior parte delle persone fa finta di perdonare, quasi per dovere, o “per quieto vivere”, o perché si sente con le spalle al muro per una malattia o morte dell’altro e non ha il fegato di “essere cattivo”, ma la realtà è che la parola “perdono” è sulle labbra, mentre nel cuore c’è ancora rancore. Non ha senso secondo me discutere se sia giusto o meno perdonare, sarebbe come discutere se sia giusto provare amore per una persona: e se uno non lo prova non lo prova, per dirla con un detto che oserei definire plastico, “mica so’ fiaschi che s’abbottano!”.

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  11. Argomento interessantissimo.
    La mia posizione è molto vicina a quella di Beautiful41 e di Bruno.
    Parto del presupposto, inoltre, che tutti sbagliamo nella vita. Presto o tardi, chi più chi meno. Io, per come sono fatta, cerco di capire. Magari in un primo momento mi infurio, mi incendio. Poi rifletto, cerco di capire. Cerco di mettermi sullo stesso piano di chi mi ha ferito. E comunque seguo il mio cuore. E io non sono una persona che sa portare rancore e che vuole o cerca la vendetta. E non per quieto vivere, per falsità o per vigliaccheria. Ma per quello che sento dentro. Poi, ovviamente, può anche dipendere dall’entità del torto subito. Dalla frequenza. Se arrivo a un punto in cui non riesco più a comprendere allora mi allontano da quella persona. Preferisco non avere contatti.

    Passato, presente e futuro. Ciò che siamo nel presente dipende da cosa è stato il nostro passato. Che ci piaccia o meno. Questo non significa stare in continuazione a rivangare e a recriminare. Il futuro lo costruiamo con le azioni del presente. Quindi per me passato, presente e futuro sono strettamente collegati.

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    • @Maria: ma guarda che io sono assolutamente in linea con quello che dici, mi dispiace se è sembrata una cosa diversa.

      Magari il rancore lo porto, ma per il fatto di non cercare vendetta, di sapere che tutti sbagliamo, comprendere e accettare sono esattamente così.

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  12. Luisa G.

    Già, a che serve dire ti perdono se non lo si sente? spero di non andare troppo oltre,ma avevo letto qualcosa da te, di un tedesco che in fin di vita chiedeva ad un ebreo di perdonarlo e questi non lo fece. Meritava il perdono? secondo me no. Nel piccolo, è verissimo che a volte si è costretti a chiudere un occhio per quieto vivere, per non trasformare ogni giornata in una battaglia, ma quella finta calma non è perdono. Mi è capitato di avere l’occasione di negare a quella persona un favore e non l’ho fatto. Volendo, sarebbe stata una piccola vendetta,ma non me sono stata capace. La mia amica, che ha assistito, ha disapprovato. Continuo a pensare che non meritasse niente,ma fortunatamente le nostre strade si sono divise…ma se non avessi potuto liberarmi della sua cattiveria in alcun modo, temo avrei cambiato registro e non mi sarei più posta tanti scrupoli.
    Capisco pure che reincontrandola, forse non sarebbe più la persona di prima(forse e solo forse),e non servirebbe portare rancore alla persona nuova,ma avrei comunque schifo a starle vicino, non mi fiderei . Ti perdono? no.

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    • @Luisa: si tratta di “Il Girasole”, di Simon Wiesenthal.

      Il libro racconta la storia di un perdono negato a un nazista in fin di vita, e in appendice ci sono tutte le risposte che ha ricevuto, e chi dice che avrebbe dovuto concederlo e chi che non ne avrebbe neanche avuto il diritto (non si possono perdonare torti fatti ad altri).

      Io pure non ho negato un favore a una persona che mi aveva fatto del male, ma quello che mi chiedeva era troppo importante, un caso umano su cui non scherzare.

      Gliel’ho fatto, ma non ho mai cambiato opinione su di lui. Il “pensierino” che mi fece per ringraziarmi mi infstidì molto, visto che erano ancor vivi i torti ricevuti. Era una piccola boccetta di profumo: sono passati trent’anni ed è ancora lì, nessuna ispirazione a usarla.

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  13. cavaliereerrante

    Nò, cara @Ifigenia, vedo che su questo punto siamo lontani assai, e non giova alla discussione schietta il cercare fughe dialettiche con “chirurghi ciechi”, nè quell’ “etc. etc.” che non sarebbe, per come la vedo io, una ripetizione ma la sostanza delle cose .
    Non ho, se rileggi bene il mio commento, cercato di rilanciare addossando all’ ambiente tutte le nostre presunte o reali colpe, e quindi la conseguente responsabilità dei nostri gesti negativi, poichè la malvagità e le maschere ipocrite hanno investito storicamente, ed investono ancora ambienti culturalmente elevati, anzi …. certe forme di astio rancoroso e di cecità nel cuore sono state prodotte anche in luoghi liberi ed aperti allo scambio delle idee, nè ho voluto alludere alla suocera di @Sabby, giacchè a lei sono notissimi ormai sia il mio affetto, sia le mie esortazioni, ma per altre ragioni, a sopportare “con generosità”, ma senza farsi CALPESTARE DA NESSUNO ( famigliari compresi … ), da Persona “libera e disponibile” quale è, “a fronte alta” da Persona, prima ancora che come Donna e Moglie, da Persona che deve solo a se stessa ciò che, con fatica e sacrifici, è divenuta “loro malgrado”, da Persona infine “padrona della sua vita” e del suo futuro diverso, se lo vorrà con tutta se stessa, per uscire finalmente dal suo tunnel !
    Dunque, nessuna ed inutile allusione, nè rimando all’ ipocrita “porgere l’ altra guancia a chi ti abbia già dato uno schiaffo” ( io, a chi mi ha dato ingiustamente o giustamente uno schiaffo, ne ho restituiti “due con gli interessi”, giustamente o ingiustamente !!! ), che non mi appartiene come bene sa, nemico o amico che sia stato per me, chi mi abbia incrociato nella vita di tutti i giorni !
    Ma anche qui, da te o altrove, nello stranissimo mondo della blogsfera, ho affrontato “pubblicamente e senza esitazioni” chi si presentava con le armi in pugno del guerrigliero barricadero, o col cinismo irridente ai sentimenti di tenerezza, o chi si armava di cultura o esperienza superiore, o chi si metteva in maschera “tirando il sasso e nascondendo la mano”, ma a nessuno mi sono sentito mai superiore, e nemmeno inferiore …. mentre di tutti mi sono sentito, e mi sentirò sempre e comunque ( ma non cristianamente o in base ad altre religioni o per ragioni redentistiche o per guadagnarmi paradisi a cui non credo …. ), parte integrale, carne della stessa carne, e non appartiene al mio DNA il perdonare o non perdonare alcuno, oltre che me stesso !
    Un abbraccio ….
    @Bruno

    Ps. Continuo a pensarla esattamente come @Beautiful41, lasciando, come già detto, la libertà e/o l’ opportunità a chiunque la pensi diversamente da me ( e da tanti … ) di arrovellarsi se perdonare o nò un suo simile !!! 🙂

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  14. Ma io non odio nessuno, è questo il punto.
    “Odiare” è una parola troppo forte. E qui non si sta parlando di omicidi o crimini, per quello ci sono le leggi (umane). E comunque il criminale lo si riabilita, non lo si perdona. Lui/lei sconta la sua pena, si riabilita, mostra con le AZIONI che è cambiato.
    Si ricomincia.
    Davvero non capisco perché non accettate questa semplice dinamica di vita che farebbe vivere bene tutti quanti…
    Secondo e qui si sta mettendo TROPPA carne sul fuoco. Etica, moralità, valenza del passato, sensi di colpa…

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    • @Martina: beh, io di odiare ho smesso da poco: forse da quando sono rinata qui…

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  15. Luisa G.

    Una coppia di amici è stata truffata da dei parenti. Non c’erano solo soldi di mezzo, c’erano speranze, energie e fiducia nel prossimo. Rivoltisi ai genitori non hanno ricevuto ne conforto ne consigli validi, solo un “abbozza” non create scandali in famiglia. I truffati non dovevano creare scandali,ci pensi? le vittime non dovevano reagire per il buon nome di una famiglia che di buono aveva molto poco. I due si sono fatti convincere,ma questa cosa ha covato dentro è cresciuta come un cancro e sta divorando gli stessi due ragazzi. Se solo avessero saputo quanto era profondo il danno, altro che perdoni di facciata, avrebbero preteso giustizia fino allo sfinimento.
    Ci sono cose che si possono perdonare, altre decisamente no. In varie situazioni la vittima è vittima due volte, chiedere di perdonare è un’altra violenza. Se oltre alla famiglia, non ti assiste nemmeno lo Stato, si può ben capire perchè certi passano alle vie di fatto. Come non capirli? Sarà pure un imbarbarimento,ma se viene notata solo la reazione e non le provocazioni subite per anni, beh, allora c’è qualcosa che non va.

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    • @Luisa: già, non dare scandalo… come quella ragazza molestata dallo zio, al quale zio qualsiasi genitore degno di tale nome avrebbe rotto il cranio, che invece si sente accusare, quasi l’avesse provocato, e viene indotta al silenzio per “il buon nome della famiglia”, creando nella ragazza rancori verso tutta la famiglia, rigetto e scompensi da incubo, difficilmente sanabili col tempo.

      Il buon nome della famiglia, evitare gli scandali, quanta gente ha massacrato i propri figli in nome di questi due idoli ipocriti e marci!

      Ricordate “La lunga storia di Marianna Ucria”? Se non l’avete letto, o visto il film, vi invito a farlo: la dice lunga sugli effetti che può avere sui figli l’obbligo di subire una prepotetenza.

      L’onore della famiglia! Ragazze innocenti (o colpevoli magari di aver fatto l’amore con un ragazzo, o donne colpevoli di aver lasciato un marito ubriacone che le picchiava) lasciate in mezzo alla strada dai propri stessi genitori perché la famiglia doveva dimostrare di “essere onorata”: bestie, altro che onore, persone senza coraggio, senza senso della giustizia e senza cuore nei confronti del proprio sangue, roba da urinargli sulla tomba, abbandonata e desolata, altro che onore!

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  16. cavaliereerrante

    Concordo con te, fino alle virgole e i punti, “due punti”, “punti e virgola” e parentesi tonde comprese, @Ifi !
    Io “quello zio”, o infami come lui, l’ avrei massacrato prima ancora di riflettere se perdonarlo o meno …. poichè anche al di sopra di ogni mia visione del perdono, c’ è un sentimento di rigetto, di lotta senza quartiere …. contro chi sfrutta o lede o cancella la vita degli altri ed il loro futuro !

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    • @Ser Bruno: è che a volte i genitori non capiscono i traumi dei figli…

      Specie persone con mentalità all’antica, nei confronti della figlia femmina, esiste solo o vergine o maritata o disonorata, cioè da buttare nel secchio della spazzatura.

      Che poi il “disonore” sia dovuto a stupro o a divorzio da marito indegno, non costituisce attenuante: via!

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  17. Luisa G.

    Un’altra mia amica aveva subìto il tentativo d’aggressione sempre di un parente molto prossimo.Lui s’era giustificato dicendo che s’era innamorato di lei(dimentico della moglie, del rapporto di parentela e che lei aveva un compagno). Non ‘era riuscito. Lei in preda allo strazio ha tentato il suicidio. Anche a lei è stato chiesto di lasciar perdere tra gli altri anche dalla moglie di lui. Come se non bastasse, il suo fidanzato l’ha abbandonata. Non sembri una banalizzazione,ma una passata di mitra a tutti quanti avrebbe reso il mondo più pulito. Anni dopo, era felice con uno che l’amava veramente,ma non aveva ne dimenticato ne perdonato, e mi sembra il minimo.

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    • @Luisa: comincio a lucidare il mitra…

      Sai quante cose storte sono denunciate in quello che scrivi?

      1) tentativo di aggressione: ti pare che l’aggressione sia un modo di proporsi, anche se non fossero esistiti una moglie di lui (che esisteva), un compagno di lei (che esisteva) e se fosse stato veramente innamorato e non semplicemente infojato (aggredire, bel modo di dimostrare l’amore, semplice e chiaro!).

      2) Lei tenta il suicidio: cioè anche lei è vittima della stessa cultura, per cui è colpevole di ciò che ha subìto? Come possiamo accusare i nostri genitori di ritenerci colpevoli di avere subito molestie (assurdo! 😯 ) quando siamo noi le prime a condannarci per questo?

      3) Il compagno la lascia. A parte che uno così è meglio perderlo che trovarlo, ma ci rendiamo conto quante donne sono immerse e vittime di questa sottocultura?

      No, niente perdono: bella sventagliata di mitra, e passa la paura.

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  18. Luisa G.

    Chiaramente non era quello il modo di dimostrare alcun sentimento, ha solo rivelato la sua vera natura. Nessuna attenuante.
    Che bella gente circola,mamma mia…

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    • Beh, pure noi col mitra non siamo la compagnia più raccomandabile :mrgreen:

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  19. Luisa G.

    Dici che potremmo fare quest’impressione? 🙄 :mrgreen:

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    • Sicuro! (quale impressione?)

      (Oops, giusto, il mitra, è che a un certo punto dalla bacheca non ho capito più a che post e a che commento stavo rispondendo…)

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  20. Luisa G.

    Beh, stiamo saltando da una stanza all’altra…normale perdersi un po…

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    • Tu pensa che avevo risposto pensando al video di Zorro… 😉

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    • Intendevo dire, spiegato il motivo della gaffe, mi perdoni?

      (Cosa non si fa per restare “on topic”! 😛 )

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  21. Luisa G.

    Certo che ti perdono!!!! …
    Se vuoi un perdono più veloce, puoi anche corrompermi 😳

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    • @Luisa: corromperti? Una fornitura di frutta secca pralinata potrebbe andare? 😉

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  22. Luisa G.

    Certo che tu ci sai fare…senti, e se facessimo un contrattino? tu ti fai perdonare una volta al mese alle stesse condizioni, avrai lo sconto a fine anno. Naturalmente può capitare che debba farmi perdonare anch’io, quindi offro il lavaggio piatti a pranzo e cena…

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    • Perché, un panettone ripieno allo zabajone ti farebbe schifo?

      Un magagelato dalle forme più svariate (dalla semplice banana split alle confezioni più astruse) lo disprezzeresti?

      Ma che lavaggio piatti, usiamo piatti di carta, e poi a fare una bella corsetta per smaltire!

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  23. Luisa G.

    Ho capito cosa intendi. Ci perdoniamo vicendevolmente con dolcezza, molta dolcezza…e poi si espia con la corsetta, beh,magari è meglio una passeggiata veloce, se abbiamo molto da farci perdonare, non credo che poi rimanga la forza per correre. Quando iniziamo?

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    • Quando incominciamo???

      Io veramente avrei già cominciato… senza aspettarti…

      MI PERDONI???
      Ciambelle fritte

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  24. Luisa G.

    Ifigenia, è sleale da parte tua comportarti in questo modo, sappilo!
    Che c’hai pure della crema pasticcera profumata alla cannella? pensa farci scarpetta con quella frittella…
    ti perdono,forse…

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    • Ho tutto:


      Di’ un po’, ma non saremo un po’ troppo cazzaroni ad aver mandato a finire a tarallucci e vini pure un post così serio??? 😛

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  25. Luisa G.

    Diabolica Ify 😀

    Non la vedo come una cosa negativa. Abbiamo affrontato il tema con la serietà che meritava. Ognuno ha partecipato con le sue emozioni, la sua esperienza, il dolore proprio e di chi sta vicino.
    Alla fine è giusto alleggerire un po, rallegrare gli animi…la vita sa regalare un sorriso dopo le lacrime…idem un blog…

    Ok, mò passami una fetta di torta…slurp…

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    • @Luisa: scusami, ma non posso essere d’accordo… come possono le cose da noi citate ALLEGGERIRE??? 😯

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  26. Luisa G.

    Non alleggeriscono di certo il corpo…ma lo spirito.
    Si vede che non segui i programmi di cucina, non lo sai che i pasticceri alleggeriscono le preparazioni con la panna montata? e vuoi che uno che mangi quel dolce non se ne accorga? Magari non ti sei accorta dell’alleggerimento per questo motivo…
    ‘ndo sta la panna montata? 😉

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  27. Argomento interessante. Non ho letto tutti i commenti (hai troppo successo ifigi cara……). Tempo fa ho scritto un post nel mio blog su questo proverbio:
    Errare è umano
    Perseverare è diabolico
    Perdonare è divino!
    Ora al di là della battuta di mio figlio che da adolescente dice “mamma errare è umano ma perseverare è divino….” riporto un pezzo di quanto scritto a suo tempo, per pigrizia e comodità, visto che il mio pensiero non è cambiato

    Sono davvero convinta che umanamente perdonare non sia possibile se per perdono pensiamo a quella condizione in cui non ci si ricorda più dell’offesa subita e davvero si volta pagina senza nessun rancore né ripensamenti seppur minimi (mi viene in mente un tradimento) e dove l’offesa/perdono diventa opportunità di crescita!

    Ecco perché perdonare è “divino” nel senso che viene da Dio, o chi per esso, in base alla propria fede.

    L’esempio di Gesù in croce credo che ne sia l’emblema e se certo Lui non avesse avuto origini divine non credo avrebbe potuto “perdonare” i suoi assassini!

    Il perdono, per quanto mi riguarda, rientra nella mia visione d’amore, da sola forse non riuscirei a perdonare pienamente, ma attraverso la mia (poca) fede spero proprio di si, anche se mi auguro di non dovermi mai mettere alla prova pensando ad un tradimento del partner naturalmente, perché il perdono verso i figli sembra essere più naturale anche se nasconde alcune insidie anche esso!

    Se poi c’è chi riesce a ‘perdonare’ senza appellarsi ad una entità superiore che dire?

    Complimenti!!!!!

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    • Guarda, anche in qualità di credente, ti posso dire che l’Entità superiore col perdono non c’entra molto, a meno che non ti voglia illuminare, squarciare miracolosamente il velo del rancore, e farti vedere qualcosa al di sopra e al di là dei comuni mortali.

      Il perdono, per l’essere umano, o nasce dal cuore o non ci nasce, uno può pure appellarsi a un’entità superiore per accettare che “dovrebbe” perdonare, che il perdono è giusto, ma se poi il cuore non si libera di suo, è davvero un puro atto formale, come scriveva Sabby nel suo post.

      Io da parte mia, con una persona, sto facendo il contrario, sto tentando di mantenere vivo un rancore che non provo, ma che non è giusto che io non provi. A non provarlo, mi sento un’allocca che continua ricascare nella sua rete di falsità e di ipocrisia, mi sento una che non ha imparato niente e che ancora non riesce a guardarsi le spalle da quella che sono sicura che sia, come fu in passato e come non può fare a meno di essere, una vipera doc.

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  28. Ifigi cara non so perché ma il commento me l’ha postato con nome utente di facebook e non come polly5vm di wordpress del blog!! Se riesci a cambiarlo mi faresti un favore
    Polly

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  29. Hai detto bene ifi il perdono viene dal cuore ma per poter ‘squarciare miracolosamente il velo dal rancore’ (parlo di gravissime questioni naturalmente) ‘e farti vedere qualcosa al di sopra e al di là dei comuni mortal’ continuo appunto a pensare ad una origine divina a garanzia del VERO perdono (quello che non lascia segni) che fa diventare il tutto quindi anche una opportunità di crescita.

    Per quanto riguarda la seconda parte del tuo discorso io non ce la farei a coltivare un rancore solo perché giusto…. Troppa fatica!

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    • @Polly5vm: non è un problema, la fatica non m’ha mai spaventato! 😛

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