Storia e dignità della lingua italiana

Cari amici, un veloce copia e incolla tanto per riprendere il discorso dell’Italia e, quello che più m’interessa, dell’italiano, di cui tornerò a parlare.

Appena a casa aggiusterò, formatterò, aggiungerò immagini, ma intanto prendete questo come anteprima.

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PRIMA E’ VENUTA LA LINGUA: NON C’ERA L’ITALIA, MA DA SECOLI ESISTEVA L’ITALIANO
ALL’UNITÀ D’ITALIA ERA ANALFABETA L’80% CIRCA DEGLI ADULTI – È UN IMPORTANTISSIMO TRAGUARDO CHE QUASI TUTTI NEL NOSTRO PAESE ORA PARLINO ITALIANO – PER SECOLI ESSO E’ STATO LINGUA SOPRATTUTTO SCRITTA E NON PARLATA: MA L’UNITA’ LINGUISTICO-LETTERARIA HA DATO GRANDE IMPULSO ALL’EFFETTIVA UNIFICAZIONE NAZIONALE.

Articolo di Gian Luigi Beccaria su La Stampa del 13 marzo 2011

Sullo scoglio di Quarto il più folto gruppo dei Mille parlava bergamasco. «Si odono tutti i dialetti dell’alta Italia, però i Genovesi e i Lombardi devono essere i più» è la prima impressione di Giuseppe Cesare Abba appena a bordo del «Lombardo»; e annoterà in seguito che i carabinieri genovesi a Calatafimi, marciando per la valle, «parlavano il loro dialetto che a momenti scatta di collera, ed era così caro e parlato così volentieri da Garibaldi, che l’addolciva, mentre sulle labbra di Nino Bixio guizzava come la saetta». Consueto era per loro il materno dialetto, non l’italiano. Poi s’è fatta l’Italia, c’erano ancora da fare gli italiani, e soprattutto la lingua unitaria, che da non molto è diventata la lingua di tutti, questo bene comune usato nel parlato e nello scritto da una nazione intera.

«Ogni volta che riesco a comporre una frase ben concepita, ben calibrata e precisa in ogni sua parte, una frase salda e tranquilla nella bella lingua che abito, e che è la mia patria, mi sembra di rifare l’Unità d’Italia» ha scritto Raffaele La Capria. Perché una lingua non è grammatica soltanto, ma è riconoscimento, aria di famiglia, tradizione, una confortante sensazione di unità, senso di contatto con qualcosa che ci appartiene, che ci ha formato negli anni di scuola o di letture. Tant’è che chi ha la mia età si irrita se sente un’annunciatrice dire in tv che «i cipressi di Bolghéri si sono ammalati». Sembra di aver mandato in soffitta il nostro Carducci, che un tempo a scuola mandavamo a memoria. Così come ci se sente offesi quando, dopo gli enormi e faticosi passi compiuti per trovare un’unità di lingua, vediamo fioccare cumuli di provocazioni: dialetti che sentendosi poco valorizzati chiedono di diventare «lingua», richieste di insegnare i dialetti a scuola, una seduta del Parlamento Europeo in cui si fanno dichiarazioni di voto in dialetto napoletano, disegni di legge per la celebrazione dei matrimoni in lingua locale, richieste di celebrare la messa in dialetto, tg trasmessi in lombardo o in veneto, ipotizzata preferenza per il docente che parla il dialetto della regione in cui insegna… Abbiamo realizzato il sogno di Dante, di Foscolo, di Manzoni, e ora vorremmo tornare alle «piccole patrie», tornare indietro di secoli.

Dimentichiamo che al momento dell’Unità non sapeva né leggere né scrivere il 75-80% della popolazione adulta, la percentuale più alta d’Europa dopo quella della Russia. È un importantissimo punto di arrivo che la quasi totalità degli italiani ora parli italiano, dopo secoli che questa nostra lingua è stata soprattutto scritta e non parlata, lingua di cultura e non di natura. Nel 1951, poco prima che la televisione diventasse una delle scuole serali d’italiano,ben il 65% usava ancora il dialetto in ogni circostanza. E 150 anni fa soltanto un 2,5% o forse, secondo le stime più ottimistiche, un 10% sapeva parlare italiano. Ora finalmente possiamo dire che una lingua prevalentemente scritta per secoli, e posseduta dalle classi colte soltanto, è diventata una lingua parlata in tutta la penisola, capace di superare i particolarismi e formare un codice di abitudini e di regole condivise: una «lingua media» che ai tempi dell’Unità ancora non c’era, e alla cui formazione hanno contribuito tutte le regioni d’Italia.

L’Unità non ha cancellato la molteplicità linguistica, l’ha anzi rinsaldata in un vivido mosaico. Siamo diventati italiani senza rinnegare il passato, le tradizioni, le diversità. Decisivi, come si sa, gli apporti dei non toscani, dei «periferici» nei quali la padronanza dell’italiano non fu mai, in passato, del tutto disinvolta: anche tra coloro che nell’800 contribuirono a fare l’Italia. Cavour, eletto nelle elezioni suppletive del 26 giugno 1848 alla Camera, si scusò di dover parlare in italiano, dal momento che la lingua ufficiale dei parlamentari era il francese, e in seguito continuò a mostrare qualche impaccio, come se traducesse da un’altra lingua. Agli stessi scrittori non toscani l’italiano appariva talvolta quasi «straniero», da impararsi sui libri: come al piemontese Alfieri, che s’era fabbricato un vocabolarietto tascabile, un quadernetto di Appunti dove su tre colonne appuntava nella prima il noto, la voce francese, nella seconda colonna l’altrettanto nota corrispondenza piemontese, nella terza l’ignoto, la voce italiana, che non sapeva e che voleva ricordare. Sui libri aveva dovuto approfondire la competenza, a suo dire lacunosa, dell’italiano lo stesso Manzoni, che alla ricerca della lingua aveva per studio sconciato un suo esemplare del Vocabolario della Crusca al punto «da non lasciarlo vedere», diceva, tant’era crivellato di postille, aggiunte, sottolineature e appunti presi per impossessarsi dei vocaboli e delle locuzioni ignote. Sapeva di avere a che fare con una lingua della letteratura troppo elitaria, codice poco naturale e non «vivo e vero», adatto per scrivere il primo romanzo nazionale.

Ma era la lingua della conversazione che mancava. Manzoni lamentava l’uso dell’italiano approssimato che si parlava ai tempi suoi, privo del lessico più comune riferito alle occorrenze quotidiane e mescolato di inconsci dialettismi. Quando due italiani di diversa regione si incontravano, per conversare mancava loro la nomenclatura concreta.

Comunque sia andata, noi ci riconosciamo però, da secoli, in questa grande ricca duttile nostra lingua italiana, il cui effetto aggregante ha contribuito, più di altri fattori, al riconoscimento di un’unità nazionale. Da noi per prima è venuta la lingua. Non c’era ancora la nazione, ma da secoli esisteva un’unità linguistico-letteraria nazionale. La coscienza e la volontà di un’unione si è basata soprattutto su un valore culturale (la lingua della letteratura, la sua validità e la sua tenuta) che ha prefigurato sin dalle Origini un’unità immaginata e inseguita come un desiderio. La data d’inizio di quest’unità ideale è segnata da Dante quando nel De vulgari eloquentia prefigura un’Italia quasi compiuta come spazio geografico su cui la lingua del sì si sarebbe diffusa, una lingua letteraria fondata su un gruppo non solo di toscani,ma con alla base anche il gruppo meridionale dei siciliani già fioriti al tempo di Federico II, e un bolognese, Guinizelli. La parola letteraria già si distendeva su un’unità geografica e culturale prima che essa esistesse realmente. Soltanto dopo molti secoli si realizzerà compiutamente l’antico sogno di un Paese da costruire, inventato dalla genialità dei poeti e dei pensatori.

95 commenti

  1. cavaliereerrante

    UNOOOOO !!!
    Meno male che arrivassi primo, abbia paura di non essercela fatta !
    Eh, mi freghettero sempre questo ampito posizione !!!
    Ma finalmente avetti a fecerèlla !
    Di che si parla ?
    Della lingua Italica ?!?
    Dell’ Italiano ?!?
    Oh, e chi era costui ???

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    • @Ser Bruno:

      la mia moglie era agli scappini, il garzone scaprugginava, la fanta preparava la bozzima… Sono un murcido, veh, son persino un po’ gordo, ma una tal calma, mal rotta da quelle zombare e dai radi cuiussi del giardiniere col terzomo, mi faceva quel giorno l’effetto di un malgama o di un dropace! Meglio uscire, pensai invertudiandomi, farò magari due passi fino alla fodina.
      In verità siamo ormai disavezzi agli spettacoli naturali, ed è perciò da ultimo che siamo tutti così magoghi e ci va via il mitidio.
      Val proprio la pena d’esser uomini di mobole, se poi, non che andarsi a guardare i suoi magolati, non si va neppure a spasso!

      Basta. Uscii dunque e m’imbattei in uno dei miei contadini, che volle accompagnarmi per un tratto. Ma un vero pigo! In oggi di quegli arfasatti e di quelle ciammengole o manimorce, ve lo so dir io, non se ne trova più a giro. né servon drusce per farli parlare, ma purtroppo hanno perso anche la loro bella e pura lingua d’una volta. Recava due lagene.
      “Dove le porti?”.
      “Agli aratori laggiù: vede, dov’è quell’essedo. C’è il crovello per loro”.
      “E il mivolo, o il gobello?”
      “Bah, noialtri si fa senza”.
      E meno male che non avete al tutto dimenticato la vostra semplicità. Ma volevo scatricchiarmi; finalmente lui andò per i fatti suoi e potetti rimaner solo, e presi per una solicandola

      .Mi giurano che sia italiano.

      (ndr: il brano è tratto da “Le più belle pagine” di Tommaso Landolfi, Rizzoli, 1989, pp. 490 sgg)

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  2. Nel caso nostro, nel novello ravage comportato da un troppo focosa reminiscenza degli antichi bastoncelli (i quali, semmai, bastoncellavano a sensi di legge, non a sensi di teppa), il telefono si ritrovò bell’e impiantato a prestare, alla tripotente camorra, gli uffici eminenti d’un ufficiale portaordini controllato dallo zelo e dagli orecchi ipersensibili di un ufficiale spia. La raccomandazione burocratica poté assumere quel tono, e, più, quel carattere duramente ingiuntivo o addirittura imperatorio che solo si addiceva agli “homines consulares”, agli “homines praetorii” del neo-impero in cottura. Chi è certo d’aver ragione a forza, nemmeno dubito d’aver torto in diritto. Chi si riconosce genio, e faro alle genti, non sospetta d’essere moccolo male moribondo, o quadrupede ciuco.

    Tratto da uno dei più bei libri che siano mai stati scritti nella storia della letteratura italiana, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda.

    P.S. Ma Landolfi “giocava” con la lingua… è un grande! 😉

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    • Sì, Landolfi giocava, e dal suo scritto nacque una beffa clamorosa. Pare infatti che valenti critici abbiano asserito che si trattasse di una lingua inesistente: beh, erano valenti come critici, mica come linguisti! 😆

      (grazie per essere stata al gioco, si una grande anche tu: comunque prima o poi mi ci metto di buzzo buono e lo “traduco” 😉 ).

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  3. Bene, ho iniziato la traduzione.

    Pare che lo scappìno sia la parte della scarpa o della calza che copre la pianta del piede. Ciò scoperto dopo lunga e faticosa ricerca, qualcono dei nostri amici mi sa dire che significa “La mia moglie era agli scappìni”? Forse che aveva la suola delle scarpe consumata? Mah!

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  4. Luisa

    Bene bene, sono nel post-o giusto. Io massacro quotidianamente l’italiano sia scritto che parlato. Inizio una frase in italiano, la finisco in dialetto e viceversa. Meno male che ho amici non conterranei coi quali sono costretta ad esprimermi in modo comprensibile, altrimenti sarebbe un disastro. Comunque, quando scappa la parolina da pag. 777, mi fa piacere che chiedano e imparino, come io imparo i loro dialetti.
    Non trovo giusto che s’insegnino i dialetti a scuola, queste cose vanno imparate in famiglia, magari coi nonni. Quando c’era la mia, ero sveltissima, ora, come ho detto, incespico. La lingua che ci accomuna tutti è l’italiano e quella deve restare, se proprio si hanno risorse da investire, che si potenzi lo studio di lingue straniere. Bilinguismo utile.

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  5. Continuiamo il gioco…;) Visto che ci sei traduci pure Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, circa mille pagine di siciliana epica poesia… un piccolissimo esempio:
    ripigliò a muoversi scuroscuro all’orbisca e inaspettatamente, fatti pochi passi, trovò finalmente uno sbocco sulla marina: sentì sulla faccia una leggerezza d’aria, l’oscurità davanti sgombra di case, e il respiro del grande animatone gli soffiò all’orecchio e gli si girò intorno come un filo sottile, in giri e giri di fili di bava che si pietrificava, come filamenti di una conchiglia che andavano e venivano con gli echi della sua animazione misteriosa e immensa. Se lo immaginò così, lo scill’e cariddi, con una sensazione fisica strana di disorientamento, come non lo ricordasse più come e dove era o come non fosse più, a causa di qualche nuovo, nuovo e ogni volta sempre peggio, terremoto, o più precisamente terremaremoto, dove e come lui lo ricordava, un animatone sgomentevole che col suo squasso di respiro occupava ogni tenebre, passaggio, apertura o spiraglio, tra lì e l’isola.
    Gira e rigira, alla fine ci troviamo sempre davanti a un mare, e per andare dove siamo diretti, ci tocca superarlo. Eh, Mosè? C’è sempre un mare rosso, un mare vivo o morto, che si para davanti a chi va ramingo, in cerca di casa…

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  6. Luisa

    Porca miseria, il testo proposto da Martina è in un italiano migliore del mio 😦

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  7. con tutti questi esempi in realtà volevo dire che l’italiano è una lingua composita e sfaccettata. In continua mutazione, seppur unica, piena di influssi che è giusto vadano rispettati. Alcuni grandi scrittori l’hanno capito e ci hanno giocato, o meglio, sperimentato sopra, un po’ come Joyce fece con l’inglese. La nostra lingua, più variata dell’inglese e dalle radici in moltissime terre, potrebbe prestarsi ad una maggiore evoluzione.
    Insomma, non sono una purista 😉

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  8. Luisa, la lingua di D’Arrigo è epica, ha radici classiche e trascende l’italiano…. non penso che al bar o in ufficio verrebbe particolarmente apprezzata 😉
    Ma sei siciliana?

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  9. Luisa

    Cugina d’isola maggiore 🙂

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  10. Luisa

    Vedi, che cosa riesco a tirare fuori? e pure senza sforzo. Talento innato 😳 …

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  11. Amiche mie, siete troppo simpatiche! Ma io la Marisa aspetto al varco, che come docente d’italiano ha il dovere morale di chiarirci qualche dubbio,e il nostro @Ser Bruno, che io mica ne sono venuta a capo di quel testo di Landolfi!

    Ho cercato scaprugginare prima su internet, dove è uscito qualcosa di incomprensibile, e poi su tutti i dizionari di lingua italiana che ho in casa, compresi quelli enciclopedici ed etimologici, ma niente!

    Allora, qualcuno nel mondo mi aiuti, e mi dica cosa significano questi termini:

    scaprugginava, bozzima, murcido, gordo, zombare, cuiussi, dropace, invertudiandomi, fodina, magoghi, mitidio, mobole, magolati, pigo, arfasatti, ciammengole, manimorce, drusce, lagene, essedo, crovello, mivolo, gobello, scatricchiarmi, solicandola.

    Che dite, la ricerca di questi significati quanto ci terrà occupati??? 😯

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  12. non ne ho la più pallida idea. però il suono di “scatricchiarmi” è favoloso!
    che dite, mi scatricchio?
    ma scatricchiamoci tutti!
    😀

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    • @Martina: a me scatricchiare, di cui ignoro totalmente il significato, così, per il suono, dà tanto l’idea di scorticarsi con la carta vetrata e quindi no, direi che passo il turno e non mi scatricchio 😛

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  13. cavaliereerrante

    Dunque di questo “italiano” parlavamo !
    Bene, Amiche mie, e lode a Queen @Ifigenia per questo Post importantissimo, che và alle radici stesse dell’ Unità d’ Italia !
    Vedo citati qui, @Tommaso Landolfi e l’ Ing. @Carlo Emilio Gadda, ciociaro il primo ( nativo di un ameno paesino che si chiama Pico, in provincia di Frosinone, a circa 100 Km. da Roma ), bel signore elegante e misterioso, gran giocatore d’ azzardo, splendido ed affascinante ‘tombeur de femme’, scrittore ancora oggi incommensurabile, con un vita trascorsa in eleganti alberghi di mezza Europa, uno Scrittore tradotto in tutto il mondo, un autentico mito in Francia e nei Paesi Scandinavi, morto circa una ventina d’ anni fà ( se ben ricordo ), lasciando irrisolto un amaro contenzioso sulla sua eredità che vede tutt’ ora impegnati da una parte la Vedova ed il Figlio, dall’ altra la Figlia . Circa tre anni fa, la Giunta Marazzo varò un provvedimento d’ urgenza che bloccò ‘la vendita all’ asta’, per far esercitare al Lazio il diritto di prelazione, di preziosi manoscritti dello Scrittore ‘ciociaro’ indetta dal Tribunale di Cassino a seguita della lite in parola sull’ eredità indivisa !
    Lombardo purosangue il secondo, di madre austriaca severissima ( e che fece soffrire al Figlio pene e sofferenze ‘per amore negato’, leggasi, la sua accorata “La cognizione del dolore” ) e padre longobardo, Ingegnere suo malgrado per ‘imput coattivo’ della Madre, progredito nella professione di Ingegnere fino a 40 anni ( con successi professionali in tutto il mondo ), ma subito dopo la morte della Madre, lasciato tutto e tutti all’ etàdi 41 anni, divenuto scrittore per passione ( sua innata passione di sempre, oppressa e contrastata dalla Madre ), dopo anni ed anni passati nella miseria più nera ed ottenuto ( con l’ aiuto di Eugenio Montale ed Elio Vittorini, suoi adoratori letterari ) un modesto incarico alla RAI, venuto a Roma, se ne innamorò perdutamente, vivendoci ( in un appartamento con balcone su Piazza Navona ) fino alla sua morte, avvenuta credo alla fine degli anni ’70 .
    Carlo Emilio Gadda ( imperdibile, assolutamente imperdibile, il suo “Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana” ), Tommaso Landolfi e Cesare Pavese, sono indubbiamente i massimi Scrittori Italiani del Novecento ( cui, a titolo personale, aggiungerei il Principe Giuseppe Tomasi da Lampedusa, con il suo solo, ed unico romanzo, “Il Gattopardo” ), tutti e quattro, inferiori ( ma di poco, fatti salvi i gusti di ciascuno ) soltanto, nella Storia della nostra Letteratura per quanto attenga al romanzo, ad Alessandro Manzoni, che al Post di @Ifigenia avrebbe fatto, commuovendosi, tanto di cappello !

    Ps. Ho deliberatamente taciuto di Pier Paolo Pasolini, un grandissimo per quanto attenga alla Poesia ( e non soltanto, visto che in vita fu uno dei massimi ‘grecisti filologhi’ della lingua ‘greco-antica’ ), che sulla lingua e sui dialetti disse la sua quando insegnava ‘lettere’ in una Scuola Media di Ciampino ( Roma ) .

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    • @Ser Bruno: sei una fonte infinita d’interessantissime informazioni, ma non ci hai illuminato sul significato di neanche una parola!!!

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  14. cavaliereerrante

    E perchè, illuminarvi ???
    Nel concetto letterario di Ser @Tommaso Landolfi e Ser Ing. @Carlo Emilio Gadda , “ogni parola” è un frammento di mistero, un’ enigma vero e proprio, ma tale da destare ( a chiunque si appropri di quel fascinoso suono che viene da lontano, da un tempo il cui era il suono stesso il significato da recepire ) emozioni e sensazioni personalissime, che una traduzione renderebbe banali !
    Vi voglio invece ‘citare a memoria’, scusandomi per eventuali errori ( ma l’ emozione se ne strafrega dell’ esattezza ! ), come descrive Ser @Gadda, nel suo misterioso linguaggio ( in parte, vernacolo romanesco, in parte “linguaggio” da lui stesso inventato, il tutto col risultato di una lingua arcana inimitabile ! ) l’ atmosfera ‘allegra e picaresca’ dei primi anni del Fascismo in Italia, col Duce in ghette e ‘stiffelius’ ad intrattenere, sul molo ‘Beverello’, Capi si Stato Maggiore dell’ Esercito venezuelano, o Regnanti e Granduchi d’ operetta !
    “… coll’ occhi spiritati dell’ eredoluetico, nonchè luetico in proprio, co’ la mascella quadrata de lo sterratore, co’ quelle dieci detona spiarcicati sur li fianchi come du’ rampazzi de banana, come un negro co’ li guanti bianchi, principiavano invulvarselo tutte le Magdalene Barbisie d’ Italia, in fin dal nartece !” .

    Ah …. le Donne, perennemente romantiche, che il quel tempo di sfrenate ed audaci passioni, andavano a sposarsi col loro uomo, ma già prima di ‘dire sì’ davanti all’ altare, si erano già ‘invulvato’ Lui, l’ Eroe dei loro sogni, il Dux, e, scambiandosi l’ anello con lo sposo, lo guardavano come se il loro ‘normale’ compagno fosse, per una prodigiosa transfigurazione, @Benito su un cavallo bianco !!!

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    • A cavalie’, abbozza, nun lo sai!!!

      Ora pure la spiegazione filosofica sul perché certi termini non hanno bisogno di essere spiegati 😯

      Che s’inventano gli uomini, storicamente e atavicamente abituati ad arrampicarsi sugli specchi, piuttosto che ammettere con sano moto d’umiltà: “Non ne ho la più pallida idea”!

      Tra un po’ tirerai fuori dal cappello tutta la storia di tutti i grandi della letteratura italiana e straniera, musici navigatori e pittori, e continuerai ad argomentare…

      Eh no caro cavaliere, almeno uno di termine ignoto ce lo devi spiegare!!!

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  15. Ify #16: forse è per questo che il termine mi piace, io è una vita che mi scortico a colpi di carta vetrata 😆

    Ser Bruno: mi fa piacere che condividiamo una passione per gli stessi scrittori 🙂

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  16. Ify, secondo me Bruno sta scaprugginando.

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    • Secondo me invece s’è invertudiato 😛

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  17. Può capitare ai magoghi (e magoghe, per par condicio) che vanno solicando nella vita…
    😀

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    • Non saprei, sono un po’ piga sulla questione. 😆

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  18. cavaliereerrante

    Nò, carissime mie ( ah, quanto m’ aggrada una sfida ‘a nudo petto’ con audaci, ed agguerritissime, Donzelle, scese in campo, a singolar tenzone intesa come un’ ordalìa ! ), mal leggeste e sottovalutaste il mio scritto !
    Quale umiltà nell’ ammettere, avrei dunque celato dopo aver “parlato di mistero” ?
    Nella lingua che ci onora, “mistero” è ciò che non riusciamo a capire, e, definendo quei vocaboli arcani un mistero, io stesso “v’ anticipai, e senza bisogno di ricorrere ad alcuna umiltade”, il mio non sapere !
    Ma, voi lo sapete, non ipocrita è la mia passione a serrare ‘strette strette’ rivali Donzelle ( e con quei ‘prommemoria’, poi … ! ) in un audace duello, ebbene sfida sia, lasciando agli specchi tutti coloro che, antisocraticamente, credano sempre di sapere !

    Vi propongo una ipotesi di un affascinante viaggio intorno all’ etimo, mettendo a fuoco due parole che vi hanno colpito : Scappini e Scatricchiarsi .
    1) scappino : dal greco attico “skàpto” = io scavo, uso la zappa . Dunque, ‘scappino’ è la piccola zappetta manuale che molti, Donne o Uomini appassionati di coltura floreale, usano in giardino per rimuovere nei vasi la terra indurita .
    2) scantricchiarsi : dal greco attico “àntron” = caverna, buio anfratto + “sch” ( ex = da + sch” ), sillaba radicale di ècho, = vado fuori . Dunque, scantricchiarsi potrebbe valere “uscire dal buio della casa e stiracchiarsi alla luce naturale” .
    Come vedete, ma senza alcuna certezza, già queste due ipotesi di viaggio ci portano lontano assai
    Ma tenendo presente che i linguaggi landolfiani e gaddiani attingevano, oltre che alla genialità di questi due colossali scrittori, anche alla loro immensa cultura, nel caso di Gadda poi, estesa anche alla matematica ed alla fisica !
    Vi basta ???
    A disposizione, sempre !

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    • Bastarci no, però mi piace sempre di più il verso che sta prendendo il discorso 😀

      Dunque aveva ragione Martina, scantricchiamoci tutti, soprattutto adesso che è primavera!

      Ma relativamente ai magoghi e alle magoghe, ci sai dire qualcosa? E definendomi piga, non è che ho confessato qualche crimine? Io su google ho trovato il pesce pigo, che magari con l’opossum pogo ci va pure d’accordo… (io la butto là 😉 ).

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  19. cavaliereerrante

    Ci mancherebbe, my Queen, ecco la mia ipotesi ….
    E che peccato, che il PC non abbia i ‘caratteri della lingua greco-antica’, che oltre che esser belli, recano spesso la radice di pressochè tutte le parole, o i derivati di parole ( le cosiddette, arcaiche ‘sillabe radicali’, che nel corso dei secoli mutarono le loro vocali ‘per apofonìa vocalica’ o serie di ‘gradazione vocale’ ), della nostra bellissima Lingua, di cui pertanto si può dire, con fondata ragione, essere Figlia del Latino e Nipote del Greco antico .
    Dunque Magogo : per quanto mi riguarda, e attingendo al greco attico antico, “M” sta per “moi” = di me, o “emautòn” = me stesso, mentre ‘agogo’ è il raddoppiamento della ‘sillaba radicale’ ag ( alfa gamma ) da cui àgo = io guido, io conduco . Perciò ‘magogo’ = potrebbe essere la mia guida, o ‘colui che mi comanda’ .
    In merito, Ser @Aquilaetimeggiante, che forse ignora il greco antico nei suoi diversi dialetti ( eolico, dorico, ionico, fusione di questi dialetti “con la creazione, da parte di Omero, di nuova lingua ‘phonè koinè’ = lingua comune, sì, l’ inarrivabile – ma anche a tutt’ oggi inavvicinabile, se si escluda Dante, l’ unico finora che l’ abbia avvicinato sia pure ‘da lontano’ – Omero, ò Poietès, il Poeta per antonomasia ! ), ma riccheggia di altre virtù glossali, potrebbe interpretare il vocabolo con “MAssimo GOdimento a GOmorra”, ma questa è un’ altra storia da arricchire in separata sede, correndo tampoco l’ alea di vedere eziandio questo bel Post ‘rossobollinato’ !

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  20. Luisa

    Leggo i vocaboli per noi sconosciuti. GORDO in spagnolo è grasso… MANIMORCE sarà uno che fa la manomorta?

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    • @Luisa: essendo anche lo spagnolo una lingua neolatina, e capitando spesso che un termine in disuso da noi sia invece comune in una lingua consorella, direi che ci può stare.

      Per quanto riguarda MANIMORCE che dirti, l’assonanza con la tua ipotesi c’è, ma temo che non sia significativa…

      (Ma come mi piace questo gioco, ma come mi piace!!!)

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  21. cavaliereerrante

    Piga ???
    Ehm … mio Dio, “Phiga” ????
    Beh, ad vitadum rubineum bollum, direi : P=PI è consonante muta labiale di grado tenue ( B=beta, idem ma di grado ‘forte’, la terza, e cioè la “FI” nell’ alfabeto greco PHI, di grado aspirato . G=gamma, consonante gutturale muta di grado forte ( K=cappa, suono ‘ch’, e la gutturale di grado tenue e CH=CHI è la gutturale aspirata ) .
    Ora, estendendo alle sillabe la regola greca di ‘fonologia’ che impedisce a due consonanti mute di ‘stare insieme’ a meno che non siano dello stesso grado, per PIGA si hanno due possibilità :
    1) Assegnando alle due mute lo stesso ‘grado aspirato’, si avrebbe “PHICHA”, e cioè Fica … e sorvoliamo !
    2) Assegnando invece alle due mute lo stesso ‘grado tenue’, si avrebbe “PICA”, o l’ attrice Tina, o il ben noto uccello !
    Insomma, o Fica o Uccello, qui non ci piove !
    Ma per non ricadere nella minaccia di censura, limitiamoci a dare alla PI ( grado tenue ) il grado forte ( lo stesso del gamma ) tramutandola in beta, e si avrà BIGA !
    Insomma, per concludere questa mia ‘semidotta’ discussione etimologica, avremmo, dal combinato disposto delle tre semi-ipotesi suddette : PIGA = Un uccello che si sposta su una biga a forma di fica !
    Ahò, ma che mi avete fatto scrivere ????
    Aiutoooooooo …. !

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    • @Ser Bruno: vedo che tanta “dottitudine” non ce la fa ad espellere il chiodo fisso…

      (la prozia ti avrebbe censurato, io, ahimé, non ho messo moderazione e ogni tanto me ne dolgo 😦 )

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  22. Luisa

    Ci rifletto un altro po…

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  23. cavaliereerrante

    Ma come, “censurato”, e perchè ???
    Ma io ho chiesto aiutooooo ….
    poichè fui traviato con parole che a quello portavano … !

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    • @Ser Bruno: sèèèèèèè, traviato con parole che a quello portavano!

      Io credo che pure se ti dicessero “Guarda come splende il sole” riusciresti a tirarci fuori almeno una tetta 😛

      Ah, questi uomini vecchio stampo! 😉

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  24. Luisa

    PIGO ovvero uno che parla a voce flebile e lamentosa tipo che sembra PIGOlare?

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    • @Luisa: buona questa supposizione per PIGO: non so se è reale, ma decisamente realistica 😉

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  25. cavaliereerrante

    PIGO ?!?
    PIGO, PIGO … LARE ?!?
    Ehm …. zssss Lady @Luisa ! …. pulcinetto ???
    Uccellino domestico ?
    Chissà …. questi Scrittori !!!

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  26. Altolà! 😯
    Chi parla di uccellini domestici?
    Io posso essere entramboduo le cose: domestico e selvatico. :mrgreen:
    Come dire: dublefassssss…
    E comunque chi è qui che guardando il sole ha il potere di estrarre il décolleté dell’impudica signora?
    Ser@Cav.?
    Ci credo sulla parola e mi inchino a cotanta perizia! 😉

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  27. cavaliereerrante

    Ehm … mio @aquilante impavido
    coll’ armi assai opportuno mi giungesti !!!
    M’ attaccorno invèr, e in modo infido
    Donne celate da innocenti vesti
    ch’ estrassero da me, malvolentieri,
    parole ‘pazze’, non d’ uso ai Cavalieri !

    Insomma, Ser @A’ , io “innocente” ( un-guèèè … un-gguàààà … sigh ), fui attratto dalla passione per l’ etimologia e …. un-gueààà …
    scrissi alcuni ipotesi di spiegazione glossologica …. ma senza impegno !
    Non l’ avessi mai fatto …. nessuno se ne sarebbe accorto, nò ma che cavolo dico ! …. Non l’ avessi mai fatto, Donne assetate di sangue mi afferrarono alla gola ….. meno male che sei venuto Tu a “manu forte facere la mea persona” …. ed ora, alla pugna

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  28. cavaliereerrante

    Ehm … mio @aquilante impavido
    coll’ armi assai opportuno mi giungesti !!!
    M’ attaccorno invèr, e in modo infido
    Donne celate da innocenti vesti
    ch’ estrassero da me, malvolentieri,
    parole ‘pazze’, non d’ uso ai Cavalieri !

    Insomma, Ser @A’ , io “innocente” ( un-guèèè … un-gguàààà … sigh ), fui attratto dalla passione per l’ etimologia e …. un-gueààà …
    scrissi alcuni ipotesi di spiegazione glossologica …. ma senza impegno !
    Non l’ avessi mai fatto …. nessuno se ne sarebbe accorto, nò ma che cavolo dico ! …. Non l’ avessi mai fatto, Donne assetate di sangue mi afferrarono alla gola ….. meno male che sei venuto Tu a “manu forte facere la mea persona” …. ed ora, alla pugna !!!
    Ehm … esauriti gli impegni, obviously !!!

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  29. D&R

    Tutto da Internet ed un pò di fantasia.
    scaprugginare: adoperare, barcamenarsi, brigare, escogitare, industriarsi, ingegnarsi, inventare,
    essere agli scappini: come dire essere alla frutta.
    Scatricchiare: districare: i capelli, la matassa
    bozzima: intruglio brodoso e scipito
    murcido: scarsamente virile, svogliato
    gordo: grosso, stupido, grasso.
    zombare: Picchiare sonoramente
    cuiussi: Parola o frase latina introdotta nel discorso per vano sfoggio di cultura, per pedanteria o per saccenteria
    dropace: Vecchia denominazione farmaceutica di un cerotto usato come depilatorio
    invertudiandomi: boh
    fodina: Miniera
    magoghi: Gabbiano. Ma corte delle Magoghe è anche il punto più basso d’Italia.
    mitidio: Senno, giudizio.
    mobole: mobile, ma mobolato vuol dire ricco
    magolati: Suddivisione del terreno agricolo in strisce separate da solchi per lo scolo delle acque
    pigo: Grosso pesce d’acqua dolce dei Ciprinidi
    arfasatti: Uomini goffi, meschini, maldestri
    ciammengole: ciamméngola, cianciafrùscola, cosa di poco prezzo, inezia. | Donna vile
    manimorce: Donne sciatte, disadorne e disordinate nel vestire
    drusce: spinte?
    lagene: Recipiente, sorta di fiasco o boccale con collo e bocca stretti, usato dai Romani per contenere vino o altri liquidi
    essedo: Carro da guerra a due ruote usato anticam. da Galli, Belgi e Britanni
    crovello: Vino estratto da uve fermentate ma non sottoposte a spremitura
    mivolo: Bicchiere
    gobello: Specie di Bicchiere
    solicandola: strada esposta al sole

    Beh, rileggendolo, quasi si capisce 🙂

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    • Ma è meraviglioso! Sei STRA-OR-DI-NA-RIO!!!!!!!!

      Bisogna studiare un premio ad hoc 😀

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  30. cavaliereerrante

    Ehm … che ti dicevi my Queen ???
    Siamo tornati “into Banality’s Land” !
    Era così semplice …. , ma cosa resta del fascino di quei monoliti estratti dalla genialità dello Scrittore Ciociaro malinconico ed elegante, cosa resta del mistero di Ser @Landolfi ???
    Comunque …
    ‘passata è la tempesta
    odo “augelli” far festa’ !!!
    Vogliamo tornare alla bellissima lingua nostra ???

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    • Non ci resta che invertudiarci, l’unico mistero non ancora svelato 😀

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  31. non ho soluzioni per “invertudiare”, se non la possibilità che derivi da vertudioso–> virtuoso (valente, ma anche coraggioso, etc.).

    Si cita l’origine del verbo vertudiare nella letteratura del ‘300, in un saggio di R.Gualdo del quale , ahimé, non riesco ad aprire il pdf.

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  32. Luisa

    Ify, ma come faccio ad invertudiarmi se non so me si fa?

    ❓ ❓ ❓ ❓ ❓ ❓ ❓
    ❓ ❓ ❓ ❓
    ❓ ❓ 😕 ❓ ❓
    ❓ ❓ ❓ ❓
    ❓ ❓ ❓ ❓ ❓ ❓ ❓

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  33. Sìsìsìsìsì!!!
    Invertudiamoci.
    Io porto la torta… 😉

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  34. Luisa

    Non solo non saprei come invertudiarmi, ma avevo appena composto un “BO?” con tutte quelle faccine, e non è apparso. Triste e sconsolata, mi ritiro…Buonanotte 🙂

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  35. Luisa: ti insegno io… fidati…

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  36. Vabbeh, m’è sgusciata via i… becco! 😕

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  37. Vabbeh, m’è sgusciata via di… becco! 😕

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  38. Luisa

    @Aquila :mrgreen: sgusciata via, ma con gesto fulmineo t’ho fregato pure la torta 😉 ciaooooo

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  39. cavaliereerrante

    Oh … “i” becco, Ser @Aquilatoscaneggiante ???
    Eppure, Amico mio, Tu intuisti il significato intrinseco di questo affascinante vocabolo “invertudiare” che, con mio “errante” parere e con glottologia stradarola, cerco di interpretare, in attesa che Ser @Balibàr o Ser @Diendèrre ci illuminino col reale significato .
    Vediamo un po’ :
    1) La sillaba “in” corrisponde all’ alfa privativa greca, e vuol dire “senza”, o “non” . Ed infatti, ogni parola che contenga questo prefisso significa l’ opposto della parola che non ce l’ ha .
    Es. nel verbo “transitivo” : gli effetti dell’azione ‘transitano’ dal soggetto che la compie al complemento oggetto che la riceve . Mentre nel verbo “INtransitivo” gli effetti dell’ azione “non” transitano sul complemento oggetto .
    2) vertud = vertude = virtù ( ad es. “castità” ) .
    3) iare = dal latino “ire” = andare .
    Ricomponendo il tutto : “invertudiare” = “andare non a virtù”, oppure “procedere rinunciando alla virtù ( o ‘alla castità’ )”, e dunque “lasciarsi andare all’ orgia” !
    Purtuttavia, mi meraviglio !!!
    Ma sempre di questi argomenti dobbiamo parlare ???
    Non s’ era detto che Ser @RedLittleBoll era in agguato ???
    Bene, a me non mi imbrogliate più ( er santaro, se frega ‘na vorta sola ! ), e resto quindi fisso in mia virtude !

    “Passata e la tempesta,
    odo “augelli” far festa !” ….

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    • @Ser Bruno: attenti alle etimologie, a volte sono fuorvianti.

      Per esempio, se non erro, incappottiamoci vuol dire “mettiamodi il cappotto, magari quello pesante, copriamoci bene”, e nonostante la presenza del prefisso “in” non significa toglierselo il cappotto. Al contrario, cappottarsi significa ribaltarsi, capovolgersi, rovesciarsi, e col cappotto c’entra davvero poco… 🙄

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  40. Aperto il pdf.
    Si parte dalla lingua provenzale per arrivare alla poesia Siciliana e Toscana.
    Appena ci capisco qualcosa ve lo comunico.

    E’ confermato l’etimo ma, visto come prosegue il testo, più che di orgia direi coraggio.
    Ma forse ci vuole coraggio e valore per pugnare in un’orgia. 😉

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  41. Cari amici, questa discussione ci ha talmente appassionato che ha fatto persino uscire dalla tana @Ser orso Balibar.

    In effetti rileggendosi il testo, invertudiarsi potrebbe benissimo significare farsi coraggio, darsi una smossa e similari.

    Ergo, è primavera, scrolliamoci il torpore di dosso, e invertudiamoci, che la vita ci aspetta 😀

    @Bali: non pugnerei mai per un’orgia, semmai per starne fuori!!! 😯

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  42. cavaliereerrante

    Ahahahah …
    ( si capisce ? E’ una risata bonaria ! )
    “Incappottarsi”, eh ?
    Mah … e che cambia ???
    Ad un orgia, si può andare pure incappottati “prima”, e magari starsene incappottati anche “dopo”, quando si ritorna a casa ‘spossati’, alle prime ore dell’ alba, ritrovandosi, barcollanti sulle gambe per le fatiche notturne, in una gelida premattinata d’ inverno, con quel freddo improvviso così diverso dal calore fremente del fuoco delle passioni brucianti, scatenate, consumate solo qualche minuto prima …
    Ma, e qui è il bello della storia, e … ehm … “durante” ???
    Pur tuttavia, come già detto, questa discussione sta invertudiando, e a me, Paladino di una castità Crociata, non interessa più …. per cui, chiedendo licenza alle Donzelle appassionate, me ne torno al mio liuto, mi siedo sotto la quercia, e guardando l’ improvviso azzurro di questo bel giorno di Primavera ( o Primafede ), l’ immensa bellezza del creato e della Poesia mi strappano già i primi accordi …. e sull’ immortale poesia di Ser @Leopardi, continuo grato il mio canto …

    Passata è la tempesta
    odo “augelli” far festa ….

    Ps. Ahò …. ho detto ‘augelli’ eh ?
    Mica artigliati e beccuti ‘rapaci orbi’ !

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  43. Ma come lo coniugo? Io mi invertrudio? perché mi invertrudierei volentieri in questi giorni.
    Vabbé, vado a dormire 🙂

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  44. cavaliereerrante

    Sì, carissima @Martina, principessa della malinconia e dell’ impegno coraggioso, “invertudiamoci” nel Tango, magari mettendo sul ‘pick-up’ ( dopo aver prelevato questo ‘glorioso reperto’ nel Museo della Musica ! ), un appassionante e romantico Tango del grandissimo, e mai troppo rimpianto, Ser @Astor, ombra nobile della musica sublime, ombra che rinasce sempre per chi ami la vita, l’anima pellegrina e la memoria !

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  45. cavaliereerrante

    Oh … la musica è finita … gli Amici se ne vanno …

    Grazie del Tango, Lady @Martina !
    L’ avrei ballato, fino a domattina …
    Ma non si può, un nuovo Post arriva
    per rimandarci tutti, alla deriva
    d’ un onda nuova ! E allora al navigare
    cambiàm la rotta, e veleggiàm quel mare !

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    • @Ser Bruno: sono state giornate dure, non ho avuto il tempo di ringraziarti del bel pezzo di Piazzolla che hai postato, l’ho ascoltato con piacere, e fatto pure ascoltare ai colleghi.

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  46. Gianni

    Invertudiarsi equivale qui a “farsi forza”: avevo trovato proprio la frase di Landolfi tempo fa spiegata su una antologia delle superiori!

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  47. cavaliereerrante

    ?!?
    😥
    ….. nostalgy !!!

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  48. cavaliereerrante

    Di come eravamo, quando ridere di tutto e di tutti …. e fare a gara “senza vincitori”, o meglio “con tutti vincitori”, leniva un poco la malinconia …. ed era la nostra forza specifica, e una risorsa non usuale in un blog .
    Ho infatti letto e riletto i nostri commenti, e da lì …. nostalgy !!!
    Ma sono nuvole passeggere, @Ifigenia, o nuvole barocche forse, certamente torneranno quei tempi, poichè “niente muore, bensì muta soltanto”, un po’ come in un caleidoscopio, dove ognuno/ognuna di noi è una piccola tessera di vetro colorato e di forma dissimile, ma tutte insieme, ad ogni movimento del cilindro, quei piccoli corpi variegati formano uno splendido e sempre nuovo mosaico geometrico di impensabile bellezza …
    Beh …. non ci fare caso, @Ifi, ho appena finito di ristudiare e ripassare l’ accelerazione centripeta ed il ‘moto armonico’ nella cinematica vettoriale …. ed ho smesso, onde evitare che il mio cervello si trasformi, a sua volta, in una pendola !!! :mrgreen:

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    • @Bruno: problemi con la prozia? E lo so, da me si stava meglio, sono più spensierata, più ridanciana, ma d’altra parte, ora che lei è tornata alla grande, io un po’ mi devo mettere da parte.

      Però considera che anche la prozia è stata sempre tua buona amica, le ricordi le varie campagne in tuo favore, in cui si espose a petto scoperto (si fa per dire, ora non fare le tue allusioni ai “prommemoria” 😉 ) e ti ha sempre reso onore?

      E’ che su certi argomenti è sensibile, non stuzzicare il can che dorme, che quella azzanna… quella è la fiera prozia, mica pizza e fichi! :mrgreenn:

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  49. cavaliereerrante

    Le campagne a mio favore, tue o della prozia o di altri/altre, non le ho mai dimenticate ( la mia “memoria” sta diventando proverbiale, te l’ assicuro @Ifi, anche nella blogsfera … ), così come gli atti di generosità ( soprattutto verso gli altri/le altre che ne avevano bisogno … ), ma nemmeno ho dimenticato che non le ho mai richieste a nessuno, nè in pubblico nè in privato, giacchè, ed anche questo si sta pian piano capendo in giro, dai cialtroni ( e dalle cialtronesse … ) so difendermi “da solo” più che bene ….. ed anche se non possiedo uno spazio mio, questa capacità di difendermi “lealmente e pubblicamente” più che bene, penso di poterla affermare senza alcuna presunzione, ma basandomi concretamente sulle mie esclusive forze . Nè nella vita, nè nella blogsfera, ho mai deliberatamente attaccato alcuno/alcuna …. ma quando lo hanno fatto gli altri ( in soli “quattro casi” …. da due anni che frequento questo mondo non virtuale ) mi sembra che non ne siano usciti con le ossa sane “pubblicamente”, mentre di quel che poi sia accaduto alle mie spalle, non ho mai dato – nè dò – alcuna importanza, ritenendo giusto che ognuno si regoli secondo la sua coscienza e secondo il proprio stile .
    Non di meno, e questo lo puoi riferire alla prozia, non ho mai stuzzicato il can che dorme, per la semplice ragione che “se un cane, buono o azzannante che sia non importa, vuol dormire”, non vedo il motivo di stuzzicarlo o di disturbarlo, a meno che non mi si chiami “direttamente” in campo con argomentazioni che non mi appartengono !
    Ma quando dicevo “nostalgy”, non avevo minimamente pensato a queste atmosfere da me non cercate nè stuzzicate, mi riferivo invece ad un generale sconforto e pessimismo che, se è vero che è indotto dai tempi duri che attraversiamo, non è esso stesso un muro invalicabile, se si volesse valicarlo …. e quel tempo di sorridere possiamo sempre ritrovarlo, visto che fra le tante iatture che ci nuocciono, quel sorridere a cuore aperto ( e intelligenza pure … ) non ci farebbe certamente male … anzi ! 🙂
    Rileggi bene tutti i commenti di questo bel post, e di altri se ne hai tempo …. e forse le mie parole ti arriveranno più chiare !
    Un abbraccio …. 🙂
    @Bruno

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    • @Bruno, purtroppo rileggere anche i vecchi commenti è un lusso che non posso permettermi. Sono sempre in debito di tempo, sempre con la copertina troppo corta (ogni giorno di più, davvero annaspo!), comunque ben conosco le atmosfere che ogni tanto si creano sui miei blog, e di cui, quando ricapitiamo a leggerle, proviamo nostalgia.

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  50. cavaliereerrante

    E’ così, @Ifi, ma grazie a Dio abbiamo due cose in comune io e te, due elementi di non poco conto che caratterizzano la nostra personalità : 1) la capacità ( e la volontà irriducibile ) a lottare quando la lotta sia “leale ed espressa ad armi pari” – 2) il sentimento che l’ altro/l’ altra non è un rivale da annichilire, ma un interlocutore che, sebbene esprima “cose diverse” che possono essere “migliori o peggiori delle nostre”, resta tuttavia una parte di noi, giacchè – piaccia o non piaccia, se ne renda conto o lo ignori, ci ami o ci odi – “è parte ineludibile di noi”, è carne della nostra stessa carne, e dunque struggentemente nostro, come nostra è l’ accorata precarietà che ci contraddistingue !
    Sono stato tacciato, talvolta, di “buonismo” da chi non ha ancora capito questa verità incontrovertibile, ma di questa nomea non mi preoccupo minimamente, standomi invece a cuore di gran lunga di più il potermi confrontare con chiunque, se il confronto è costruttivo d utile “per entrambi gli interlocutori”, e soprattutto se l’ interlocutore che mi sta davanti condivide con me la sincerità del sentire che siamo sì parti diverse ( per storia, per generazione, per principi, per cultura, per stile … ), ma accomunate dalla stessa miserabilità che ci fa essere attimo soltanto dell’ esistenza, bagliore di luce rapissimo prima che si faccia sera e di noi non resti che la polvere …
    Discende da qui il mio modo di essere, da qui quel mio desiderio di “crescere in diminuendo”, non un metodo per prevalere sugli altri, bensì una predisposizione interiore che aborre le maschere, il narcisismo, la volgarità, il rancore, il ricatto, la slealtà, giacchè da “queste” miserabilità umane non nasce niente di utile, nè per chi mi sta davanti, nè per me stesso, niente che possa farci avvicinare alla parte migliore e più nobile di noi !
    Mi sei testimone, @Ifi, che ho saputo rinunciare a frequentare chi pure amo ed apprezzo nella maniera più alta, ma questo mio addio non ha minimamente scosso la stima e l’ affetto per chi mi abbia ispirato questi sentimenti, indistruttibili per me, e per me indimenticabili ….
    Non una volta ti ho espresso la mia stima “anche” per la tua volontà a non distruggere mai il tuo archivio di blog, avendo Tu compreso che le parole che battiamo qui dai tasti sconnessi dei nostri PC, non sono nudi caratteri che debbano riempire spazi vuoti dove esercitare il nulla egocentrico, ma sono “sentimenti vivi”, sogni, desideri, lacrime, solitudini, angosce, talvolta ferite inguaribili, talvolta perfino amori, non vuoti simboli dunque, ma tracce irripetibili del nostro passare nell’ esistenza reale incrociandola – come per un viaggio verso la stessa meta, un viaggio difficile attraverso lande solitarie che non disdegni qualcuno con cui accompagnarci per un tratto – con l’ esistenza altrui “comunque e senza nulla a pretendere”, se non l’ affetto sincero e reciproco e la gioia della condivisone, o la pacatezza della non condivisione !
    Sò che non hai il tempo, amica mia, per rileggerti tutto questo percorso incrociato che ha riempito il tuo blog ( ed il blog della tua prozia ), ma tempo verrà, verrà il momento che la nostalgia ti spingerà ad aprire le pagine di questo libro infinito : mi piace immaginare che ti compenserà il leggerci qualcosa che ti faccia star bene, e capire, struggentemente, che la vita, l’ amicizia, la generosità, la continua ricerca di noi stessi, l’ affetto mai ingannevole era quanto di più bello e dolce potessimo esprimere, e questa dolcezza che ti rincuorerà non la intaccherà più nemmeno il tempo, almeno fino quando respireremo ancora ! 🙂
    Ti abbraccio @Ifi …. ti abbraccio forte, “e questa volta senza corazza” !!!
    @Bruno

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  51. Tazio

    Buongiorno a tutti.
    Non so se può ancora interessare, ma dopo lungo lavoro sono riuscito a trovare il significato di quasi tutte le parole (ne manca solo una (ghiargione) per il momento introvabile) del racconto “La passeggiata” di Tommaso Landolfi. Essendo capitato anche su questa pagina nel corso delle mie ricerche, ho pensato di condividerla.
    In un paio di casi, essendo incerto sul reale uso dell’espressione, ho cercato di operare una scelta logica. Come nel caso di “essere agli scappini”: la mia interpretazione, essendo lo scappino anche un tipo di nodo (per cravatte, ma qui ci si può anche trovare di fronte a una “licenza poetica”) ed essendo sia il garzone che la fante impegnati in attività varie, è che la moglie fosse impegnata ad eseguire dei nodi (per chissà quale utilità) piuttosto che pensare che stia solo indossando delle scarpine leggere o abbia ai piedi solo delle calze. L’altra espressione che mi ha creato perplessità è il verbo infaonarsi, dove infaonato si dice di piaga arrossata. E da qui ne ho desunto un uso figurato del termine.
    Buona lettura.

    “La mia moglie era agli scappini (stava facendo dei nodi), il garzone scaprugginava (rompeva le capruggini (intaccature delle doghe dove si incastra il fondo delle botti) nel trasportarle), la fante preparava la bozzima (intruglio di crusca e acqua per i polli) … Sono un murcido (svogliato), veh, son perfino un po’ gordo (grasso), ma una tal calma, mal rotta da quello zombare (il rumore che fa il bastone che ferisce l’aria colpendo) o dai radi cuiussi (parole o frasi latine introdotte nel discorso per vano sfoggio di cultura, per pedanteria o per saccenteria) del giardiniere col terzomo (lavoratore agricolo), mi faceva quel giorno l’effetto di un malagma (impiastro emolliente per portare a suppurazione un ascesso) o di un dropace (impiastro depilatorio)! Meglio uscire, pensai invertudiandomi (facendomi animo), farò magari due passi fino alla fodina (cava).
    In verità siamo ormai disavvezzi agli spettacoli naturali, ed è perciò da ultimo che siam tutti così magoghi (selvaggi, da un’antica popolazione selvaggia e sanguinaria) e ci va via il mitidio (saggezza). Val proprio la pena d’esser uomini di mobole (facoltà, ingegno), se poi, non che andarsi a guardare i suoi magolati (sistemazione delle colture mediante divisione a strisce del terreno per lo smaltimento delle acque) , non si va neppure a spasso!…
    Basta. Uscii dunque, e m’imbattei in uno dei miei contadini, che volle accompagnarmi per un tratto. Ma un vero pigo (damerino)! In oggi di quegli arfasatti (tipo goffo, inetto) e di quelle ciammengole (pettegole) o manimorce (persone sciatte), ve lo so dir io, non se ne trova più a giro; né servon drusce (carezze affettate per ottenere qualcosa) per farli parlare, ma purtroppo hanno perso anche la loro bella e pura lingua di una volta. Recava due lagene (botti).
    — Dove le porti?
    — Agli aratori laggiù: vede, dov’è quell’essedo (carretto). C’è il crovello (pesce simile all’ombrina) per loro.
    — E il mivolo (bicchiere), o il gobbello (coltello di lama stretta)?
    — Bah, noialtri si fa senza.
    E meno male che non avete al tutto dimenticato la vostra semplicità, pensai. Ma volevo scatricchiarmi (districarmi); finalmente lui andò pei fatti suoi e potetti rimaner solo, e presi per una solicandola (sentiero al sole).
    Che dirvi? quando mi trovai tra quei miei piccoli amici senza parola, lo gnafàlio (genere di piante a fiori gialliche si conservano anche secchi e si usano per fare ghirlande), il telefio (pianta a fiori polipetali), il mezereo (pianta di tipo cespuglioso), e tutta quella gualda (selva), mi si aprì il cuore. Procedetti, e principiarono i camepizi (pianta erbacea medicinale), le bugole (tipo di pianta perenne), gli ilatri (piccoli alberi sempreverdi), i matalli (altro nome dei sorbi), gli zizzifi (altro nome dei giuggioli) anche, benché, a vero dire, guasti alquanto dall’exoasco (fungo parassita) o dall’oidio (malattia delle piante provocata da un fungo parassita); e zighene (tipo di lepidottero) e arginnidi (altro genere di lepidotteri) (pafie o latonie (2 tipi di farfalle della famiglia delle arginnidi)) e le piccole depressarie (tipo di farfalla dannosa) passavano di luogo in luogo; e, accanto o sopra me, trochili (altro nome dei colibrì) e peppole (altro nome dei fringuelli mantanari), parizzole (altro nome delle cinciallegre) e castorchie (altro nome delle averle), e l’aria era tutta uno zezzio (sibilo del vento), un zinzilulio (il canto delle rondini)… E c’era poi il popolo minore: le smicre (piccoli insetti che si trovano nei canneti), i lissi (insetti, altro nome dei punteruoli della bietola), l’empidi (genere di insetti simili alle zanzare) medesime, e chi potrebbe noverarlo tutto!…
    Alla fodina ormai l’acqua da tant’anni stagnava: rabeschi (arabeschi) di gigartina (genere di alghe rodofite), fumoso trasparire di cara (c. aquatilis: pianta palustre), e zannichellia (pianta palustre) e scirpo (giunco di palude); giungendo io, tre farciglioni (specie di uccelli d’acqua) fuggirono, e balenò un cimandorlo (pollo sultano). Ma era destino che neppur qui fossi lasciato tranquillo. Sentii frusciar la frasca alle mie spalle; mi volsi: il gignore (il garzone che impara un mestiere) del ferrazzuolo (operaio che, nelle fucine, tenendo il ferraccio con le tenaglie, lo rivolta e lo porta sotto il maglio) che sbiluciava (osservava curiosamente, sbirciava).
    — O tu?… Beh, che si fa di bello al distendino (ferriera dove si distende il ferro)?
    — Uhm, poco di bello: il padrone s’è dato piuttosto alla moatra (contratto di natura fraudolenta per comprare merci a pagamento differito).
    Anche questo! Io non sono un lerniuccio (debole, piagnucoloso), ma via…
    — Già, — riprese, — da noi ora è troppo se si fa fernette (piccole lastre ripiegate a squadra); mancano perfin le ingordine (raspa o lima da legno).
    — Bravo davvero il tuo padrone!
    — Mah, si sa bene, quando la s’infaona (la piaga si infiamma, in senso figurato)…
    — E qui ora che ci fai?
    — Per via dei leucischi (pighi, grossi pesci d’acqua dolce). Ci si buttaron noi anni addietro.
    — Ah, ecco; e come…
    — Coi prostomi (parti di lombrico) e colle molleche (granchi comuni subito dopo la muta), — rispose pronto.
    Non era un caramogio (persona piccola e contraffatta, nano di corte), come non era uno sbiobbo (persona rachitica), s’ha a dire. Ma io lo lasciai lì e mi spinsi innanzi per la lonchite (attraverso le felci). Sapevo che da un certo punto si scopriva una bella vista.
    Ed eccolo laggiù, il gran padre; e perfino si scorgevano brillare i froncoli (tralci di vite che tolgono il succo al ramo principale) quando prendevano il sole. E v’era una checchia (piccolo veliero da diporto) venuta di lontano, con tanto di bonette (berretti di panno) all’ipartia (vento di settentrione)… Quanti pensieri, quante fantasie m’invasero allora! Usava più il chenisco (ornamento in figura di un’oca, che anticamente si poneva sull’estremità della poppa nelle navi, come buon augurio per la navigazione)? Oh tempi d’una volta: “In guala (si dice quando vengono tenuti i remi sollevati pronti per il comando di dare la remata)!”, e via per iciche (piante resinose), per mocaiardi (tele di pelo), per cheripi (nome indiano della madreperla), per lanfe (acque profumate estratte dai fiori d’arancio). E qualcuno moriva in terra straniera, ma la chernite (pietra che ha la proprietà di impedie la corruzione dei cadaveri) ne riportava intatte le spoglie al paese natale: o aveva anch’essa ormai perso la sua virtù?…
    Ah, s’era fatto tardi: sull’afaca (piccola erba annua) e sulla ghingola (genere di graminacea) compariva la trochilia (nome scientifico della sesia, farfalla con le ali parzialmente trasparenti), sull’atropa (genere di piante comprendente la belladonna e la mandragora) l’atropo (grossa farfalla chiamata anche sfinge testa di morto), sull’agrostide (genere di pianta perenne) l’agrotide (genere di farfalle serali); dove pur mò sfolgorio di sole, non era ormai che un ghimè (tonalità di blu turchino); si diffondeva odor di nectria (genere di funghi parassiti delle piante); s’udiva un ghiattire (l’abbaiare del cane quando passa la lepre) lontano. E così passo passo me ne tornai.
    — Or mentre io fendo i sisimbri (genere di piante comprendente il crescione e altre erbe odorose) e finché sia giunto a casa, dimmi o amico lettore: son io poco un ghiargione? Tu non rispondi, e con ciò assenti; e non hai torto. Pure, non ne darei un ghieu (nulla, nel senso di oggetto senza valore) di chi non sapesse empirsi gli occhi e l’anima come io feci quel giorno, o, sapendo, volesse tenersi ogni cosa per sé solo.
    Ma ecco giunsi: la mia moglie era agli scappini, il garzone scaprugginava, la fante preparava, se non quella stessa, una bozzima.”

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    • Grazie! 🙂

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    • edgardo

      Oh, grazie. Sono capitato or ora qui per caso, e a quanto pare qualcuno ha fatto un lavoro che avevo cominciato molti anni fa, senza portarlo a termine – ch’io ricordi. Non ho tempo di ristudiare ora il testo, ma almeno so dove reperirlo. Non sono nemmeno un accanito lettore di blog, non ho capito chi sia la gentile Ifigenia, che saluto in quanto tenutaria (lo so che il termine è d’altro uso corrente, ma lo riuso a mia posta) di questo blog, né chi sia Tazio, né gli altri che abbiano contribuito. Ma insomma, sono contento, da landolfiano se non altro, che la “traduzione” sia giunta a compimento.

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    • Tazio

      Sapessi anch’io per quanti anni ho preso e lasciato questo lavoro. Però alla fine ce l’ho fatta. E mi fa piacere di non essere l’unico a cui interessi. 🙂
      Un saluto a tutti.

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    • Grazie, ricambio il saluto e buon Natale!

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    • Bene, sono felice che abbiamo compiuto, tutti insieme, un’opera meritoria che potrà essere utile alle generazioni future!

      Chi è la gentile Ifigenia? Eh eh eh, chi può dirlo, una fanciulla che volevano sacrificare sull’altare dei propri sogni di gloria, e di cui invece gli dei hanno avuto pietà, e le hanno risparmiato la vita trasformandola in una cerva che è fuggita via? Un’araba fenice?

      In ogni caso, caro Edgardo, benvenuto e, data la giornata, buon Natale! 😀

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    • David

      Molto interessante!

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    • Ci si diverte come si può 😉

      Buon Natale!

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    • Tazio

      Buongiorno a tutti.
      Casualmente, in questi giorni sono caduto su un testo che riportava il termine “schiappino” e mi sono tornati in mente gli “scappini” di Landolfi. Da un’ulteriore ricerca ho trovato una definizione che mi sembra quella che possa dare maggior senso alla frase del nostro. Lo scappino è il piede della calza. In questo caso, la moglie agli scappini, mi da l’idea che fosse intenta a rammendare le calze. Che ne dite? L’accendiamo? 🙂

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    • Ma sì, accendiamola, anche a me sembra più che plausibile! 😉

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  52. forse cappottarsi deriva da capote.

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    • @Umberto: probabile 🙄

      PS: ciao Umberto, ben approdato in questo lido 😉

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  53. Edgardo

    Auguri anche a te, gentile Ifigenia. Certo l’ho appena sorvolato, ma probabilmente la struttura di questi… blog, si chiamano così?, mi disorienta.
    Ehm, la fanciulla, gli dei, la cerva, la fenice? Mi sa che è più semplice La passeggiata…
    Ossequi,

    Edgardo

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  54. cavaliereerrante

    T’ aggiri in questo bosco, o @Edgardo,
    e sembrati sfuggente @Ifigenia ?!? 😯
    Prendi il tuo arco e scocca lieto il dardo
    e fai che @Eros guidi la sua via ! 😀

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    • Eros? Beh, in effetti il principi azzurro fa parte dei propositi per l’anno nuovo 😉

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  55. giovanna ricci

    Che gioia, cercavo “scaprugginare” ed ho scoperto un mondo!

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    • E benvenuta in questo mondo! 🙂

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  56. giovanna ricci

    Grazie a tutti…l’unico dubbio mi rimane su “essere agli scappini”. Non ha molto senso che l’autore affermi che la moglie è alla frutta…

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    • Le mogli che non sono alla frutta sono piuttosto poche per la verità, come mai ti stupisci? 😉

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    • Giovanna Ricci

      Grazie Tazio, è una interpretazione molto plausibile. Francamente, non aveva molto senso affermare che la moglie “era alla frutta” e non credo che questa fosse l’intenzione di Landolfi.

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